mercoledì 24 settembre 2014

Renzi vede i Clinton. E parla di Jobs act.


Corriere della Sera 24/09/14
Marco Galluzzo

Delle sue riforme o almeno di quella al momento più calda, contestata anche dal suo partito, il Jobs act, ne parla un po’ con tutti: con i Clinton, Bill che lo ha invitato e Hillary che è forse il futuro di questo Paese e che lui ha visto anni fa, nel 2006; con la presidente Michelle Bachelet, che al suo Cile sta imprimendo un’agenda di cambiamenti molto radicale; persino con Erdogan, con cui discute più dei curdi e della lotta all’Isis, ma alla fine anche delle riforme «che non sono cosmetica, stavolta facciamo sul serio».

Nella sua prima giornata a New York Renzi arriva dalla California a notte fonda, ma poco dopo le otto del mattino è già in viaggio verso il Palazzo di Vetro: la sessione sul clima ha gli ospiti e l’enfasi della grandi occasioni, nonostante non ci siano il presidente della Cina e quello dell’India, ovvero due fra i Paesi che producono più emissioni inquinanti in assoluto.

Le notizie che arrivano all’Italia, il gruppo di emendamenti della minoranza del pd alla riforma sul lavoro lasciano in apparenza distaccato il presidente del Consiglio, non c’è aria di nervosismo o di gabinetti telefonici sul filo dell’Atlantico, l’agenda non lo consente, la Serracchiani dall’Italia riassume in qualche modo il pensiero del capo: in direzione si voterà e poi il partito in Parlamento dovrà adeguarsi, come accaduto in altre occasioni.

Essere invitato alla Clinton Foundation è ovviamente un onore e per qualcuno in Italia anche occasione di pettegolezzo politico: di solito Massimo D’Alema non manca di enfatizzare di essere fra i pochi italiani ammessi al circolo di iniziative di una delle coppie più potenti del mondo, da ieri anche Matteo Renzi potrebbe fare valutazioni simili. Ma quello che conta non è l’ammissione alla Global Initiative di un ex presidente degli Stati Uniti e di una possibile futura inquilina della Casa Bianca, ma le conseguenze politiche che ne derivano.

Per Renzi il primo obiettivo è la promozione della propria agenda: il riformismo del primo Clinton, quel gruppo di analisi che andarono sotto il nome di Terza Via sono oggi storia, ma al presidente del Consiglio serve l’accostamento simbolico con esperienze che sono state di rottura. Non è un caso che fra i bilaterali della giornata, oltre al pranzo con il re di Giordania, cui partecipa anche il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, scelga di discutere a lungo con un simbolo del riformismo internazionale attuale, quella Bachelet che sta cercando di rendere il suo Paese un esempio di trasformazione economica, almeno nel contesto sudamericano.

L’atmosfera peraltro distrae dai fatti di casa nostra: quando Renzi arriva, prima del suo intervento, incontra Obama e gli altri leader presenti, accanto al segretario generale dell’Onu ci sono star della causa «green» come Al Gore e Leonardo DiCaprio. Il capo del governo ribadisce che l’Italia «fa parte della coalizione impegnata contro la minaccia terroristica dell’Isis, nel rispetto delle regole dell’Onu e del Parlamento», poi parla della lotta alle emissioni, occasione per milioni di posti di lavoro, «combattere i mutamenti climatici è anche una chiave per una nuova economia. Possiamo darci obiettivi più ambiziosi. Dall’economia verde verranno milioni di nuovi green jobs, i posti di lavoro legati all’economia verde sono realmente un’opportunità».

«L’Italia è pronta a contribuire al Fondo verde per il clima istituito dalle Nazioni unite con una dotazione significativa», aggiunge sottolineando che «in agosto il 45% della energia elettrica prodotta in Italia proveniva da fonti rinnovabili, il 22% delle imprese italiane ha investito in ambiente e sono quelle che esportano di più, innovano di più e producono più posti di lavoro (circa il 40% nel 2013). I bambini di Pechino, Copenaghen, Coney Island giocano su giostre italiane perché sono belle, divertenti, ma anche perché consumano meno».

Di pomeriggio è ancora Onu, la sessione sulle città, poi di sera il ricevimento offerto da Obama dove si continua a discutere di clima e anche di «come Europa abbiamo accettato di partecipare a un secondo periodo di impegno vincolante del Protocollo di Kyoto, fino al 2020 e stiamo fissando nuovi obiettivi al 2030», ci tiene a precisare Renzi, da presidente di turno della Ue.




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