martedì 23 settembre 2014

Taddei: “Meno contratti e più garanzie per i precari con 2 miliardi sussidi a tutti”


La Repubblica – 22/9/14
( r. ma.)

«La ragione per cui la sinistra italiana ha sempre fallito di fronte alla riforma del mercato del lavoro sta esattamente nella disconnessione che è stata operata, per motivi di mera ingegneria politica, tra i diritti del lavoratore quando è occupato e le tutele che gli vengono accordate quando è fuori dal mercato del lavoro. Questo errore non va più commesso perché le due cose stanno insieme ». Filippo Taddei, classe 1976, economista, professore alla Johns Hopkins University di Bologna, è il responsabile del lavoro e dell’economia del Pd. È uno degli uomini impegnati a ricercare una possibile via d’uscita unitaria del partito sulla la riforma del mercato del lavoro.
Lei ritiene che ci siano margini per un accordo tra il governo, la maggioranza del Pd e la minoranza del partito sul mercato del lavoro in particolare sull’articolo 18?
«Certo che ci sono i margini. Non si farebbe una discussione se non ci fossero. Due obiettivi però devono essere condivisi: universalità dei diritti e uniformità degli standard contrattuali. Fatti salvi questi due obiettivi si possono trovare diverse opzioni».
Questo vuol dire che anche sull’articolo 18 si possono fare passi diversi?
«Sull’articolo 18 si sta facendo una discussione preventiva. La legge delega contiene una riforma organica degli ammortizzatori sociali, della formazione, dei contratti. Così anziché parlare di sostanza c’è chi preferisce parlare di simboli, mentre abbiamo il mercato del lavoro più discriminante d’Europa».
D’accordo, però dietro il simbolo dell’articolo 18 c’è la diversa soluzione che si potrà dare al contratto a tutele crescenti: la previsione del diritto al reintegro dopo un certo numero di anni oppure l’introduzione del solo indennizzo monetario. Per questo si parla di articolo 18. Lei è a favore del reintegro o dell’indennizzo?
«Questo è esattamente il cuore della discussione che avremo nei prossimi giorni. Io mi rifiuto di concentrare la discussione sull’articolo 18 quando l’obiettivo è estendere le tutele a chi oggi non ha nulla».
Per farlo, penso al sussidio di disoccupazione universale, servono nuove risorse. Quante? Come pensate di reperirle?
«In questi giorni stiamo facendo una valutazione precisa. Per rendere universale il sussidio il costo si aggira intorno a 1-2 miliardi aggiuntivi rispetto alle spese attuali ».
Dove troverete questi soldi?
«Nella legge di Stabilità da 20 miliardi che è l’altro pilastro della politica economica di questo autunno ».
Costerà di meno il contratto a tempo indeterminato?
«Già oggi costa meno, cercheremo di rendere maggiore questa differenza».
Come pensate di sfoltire le tipologie contrattuali?
«Pensiamo che serva un mercato del lavoro efficiente e che aiuti l’equità. Le tipologie contrattuali vanno ricondotte tutte a due categorie: il lavoro subordinato, distinto in contratti a tempo indeterminato e in contratti a tempo, e il lavoro autonomo. E i contratti stabili sono il miglior strumento per conseguire questo obiettivo».
Salteranno tutti i contratti precari, dai co.co.pro al lavoro a chiamata?
«Sarà anche questo oggetto della discussione. Certo è difficile oggi spiegare che cos’è un lavoratore parasubordinato. Dobbiamo finirla con le mezze bugie: o è un lavoratore dipendente o è autonomo. La semplicità e la chiarezza è il miglior viatico all’estensione dei diritti a chi oggi non ce l’ha. E l’estensione dei diritti nel rapporto di lavoro è possibile solo se contemporaneamente definisci le tutele che scattano quando sei fuori dal mercato del lavoro. Questa è la vera sfida, non l’articolo 18».



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