lunedì 29 settembre 2014

Precari e diritti, affondo di Renzi.

Corriere della Sera  29/09/14
Marco Galluzzo

Viene subito dopo Dino Zoff, «avevo 7 anni quando parò quel tiro ai Mondiali», lo apprezza perché «associò la parola dignità allo sport», cosa forse oggi non usuale, è l’unica parte della trasmissione in qualche modo leggera. Poi arrivano le domande di Fabio Fazio, su Rai3, in prima serata, e anche l’accorato appello del premier, l’attacco ai sindacati («difendono l’articolo 18 perché sono gli unici a non averlo»), la fermezza irremovibile sull’argomento che oggi sarà all’ordine del giorno: «La mediazione non si fa dentro il Pd ma con i lavoratori, la sinistra affezionata ai totem, alle memorie, va bene per il museo delle cere». E ancora: «Il mio obiettivo non è far contento D’Alema ma la mamma che non ha diritto alla maternità».

Renzi spiega che il suo Jobs act cambierà il sistema, che metterà «un miliardo e mezzo sugli ammortizzatori sociali» e che l’articolo 18 è solo un pezzetto. Con le norme di oggi «la disoccupazione è raddoppiata negli ultimi anni: io devo cambiare, cioè passare da 2.000 leggi a 40, innovare un modello che ha abbandonato al precariato una generazione».

La fermezza che porterà nel dibattito col suo partito, poi in Parlamento, è fondata su questo ragionamento: «L’articolo 18 oggi tutela solo alcuni, ma il mondo del lavoro è cambiato, che l’azienda abbia più o meno 15 dipendenti non è più la discriminante, lo Stato deve farsi carico di chi perde il lavoro, con un indennizzo, un corso di formazione, e un’offerta di lavoro entro un anno».

La promessa è che non si muoverà di un millimetro dalla sua posizione: «Noi domani (oggi per chi legge, ndr ) non cancelliamo solo l’articolo 18, domani cancelliamo tutte le forme di co.co.co., di precariato. Oggi esiste un diritto che è in mano ad un giudice, se l’imprenditore deve fare a meno di alcune persone deve poterlo fare. Ma non è questo il punto, tutti stanno parlando solo di un pezzetto piccolo del mercato. È una battaglia ideologica della sinistra, ed il sindacato che viene a farci lezioni, dopo essersi dimenticato di tutti, è l’unico a non avere l’articolo 18». Se la sinistra non vuole finire al museo delle cere, «deve pensare come la Apple, innovare». Viceversa «resta ancorata al 25%». Per Alfano, Renzi dice «cose giustissime, la riforma dovremmo farla per decreto». Arriva inoltre un’importante notizia per i lavoratori: «Stiamo valutando l’ipotesi di mettere il Tfr in busta paga mensilmente».

Ma Renzi annuncia di essere pronto ad impegnarsi anche sul fronte delle coppie e su quello della cittadinanza agli immigrati: «Civil partnership alla tedesca e ius soli: appena il Parlamento finirà con le riforme si aprirà la stagione dei diritti». Le ultime battute sono su Bersani («lo rassicuro, la ditta resta tale anche se non la guida lui»); su Berlusconi e le riforme (esca dall’incertezza, «non ci giri intorno»); infine sulle critiche ricevute dai quotidiani («sono stati affettuosi...») e dai vescovi. Come mai tante? «Perché non chiediamo più il permesso, magari a qualche direttore di giornale. Nessuno può pensare di telecomandarmi come una marionetta» .





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