martedì 16 settembre 2014

Incarichi alle donne e niente stipendi 
Il Pd tratta ancora sulla segreteria.


Corriere della Sera 16/09/14
Monica Guerzoni

«È ancora tutto nella sua testa...». Dopo settimane di tira e molla, altolà, avvertimenti e rinvii, la nuova segreteria allargata alle minoranze è pronta. Ma solo Matteo Renzi ha in tasca la chiave del Nazareno e quindi la soluzione del rebus. Da quel che trapela il segretario-premier sta cercando un sindaco «renzianissimo» per gli Enti locali e nell’entourage del leader si favoleggia di una fascia tricolore «del calibro di Nardella».

Caselle blindate non ce ne sono. Come sempre avviene nel Pd a trazione renziana è il «capo» che decide e i telefoni dei prescelti sono destinati a squillare nel cuore della notte. Di certo c’è solo che la segreteria sarà al femminile per metà (o quasi) e che i «fortunati» non prenderanno un euro di stipendio, perché il tesoriere Francesco Bonifazi ha chiuso la cassaforte a doppia mandata.

«Sono sempre più convinto che dobbiamo lavorare insieme», è il leitmotiv del leader. Ma i duri ammonimenti di Bersani e D’Alema pesano sulle trattative e mettono a rischio l’idea di una gestione davvero unitaria, tanto che gli incarichi importanti dovrebbero andare ai renziani di provata fede. Per evitare sonore bocciature, i capicorrente hanno dovuto allargare le loro rose di nomi, aggiungendo diversi petali. L’Area riformista di Roberto Speranza, che ha chiesto tre posti e puntava su Enzo Amendola, Andrea Giorgis, Danilo Leva e Micaela Campana, ha messo in pista altri quattro candidati: Federico Fornaro, Silvio Lai, Lorenzo Basso e l’ex viceministro modenese Cecilia Guerra. Tre su quattro sono senatori, perché al Nazareno si sono accorti in corsa di non poter fare una segreteria di soli deputati. Gianni Cuperlo, in virtù del 18 per cento del congresso, chiede con forza due postazioni, per Andrea De Maria o Francesco Laforgia. Ma i riformisti ne vogliono tre e dunque i conti non tornano, avendone Renzi offerti alla sinistra quattro in tutto. Il braccio di ferro tra le componenti è durato fino a ieri notte e solo l’incontro tra Speranza e Cuperlo potrebbe sbloccare l’impasse.

L’unico che ha il mandato di dichiarare ufficialmente quale forma stia prendendo la squadra del Nazareno è Lorenzo Guerini, il vicesegretario-plenipotenziario al quale, salvo colpi di scena, Renzi chiederà oggi un altro «sacrificio»: assumere, al posto di Luca Lotti, la responsabilità dell’organizzazione in un momento di forte sbandamento del Pd sul territorio. Quello delle «tessere» è un dipartimento strategico e i Giovani Turchi di Matteo Orfini propongono di aprirlo ad altre componenti. «Chiediamo che Guerini, figura autorevole, sia affiancato da una task force che si dedichi quotidianamente ai problemi del partito sul territorio», spiega il coordinatore Francesco Verducci.

Guerini conferma l’impegno a «concretizzare l’appello che Renzi ha fatto a tutto il partito», ma non a caso parla di «partecipazione ampia» e non di gestione unitaria. La trattativa andrà avanti fino alle 18.30 di oggi, quando inizierà la direzione e i parlamentari «dem» che siedono nel «parlamentino» del partito correranno al Nazareno, tra una chiama e l’altra del voto sulla Consulta, per ascoltare il leader. Di certo, per ora, ci sono solo i nomi di chi resterà fuori. Pippo Civati strizza l’occhio a Sel, prevede che si voterà nella primavera del 2015 e non si lega le mani: il responsabile economico Filippo Taddei proviene dalla sua area e sarà confermato, ma i renziani lo ritengono ormai uno dei loro.

Enrico Letta non ha chiesto nulla, eppure avrebbe qualche chance un senatore a lui vicino, Francesco Russo, che ha dato una mano al governo sulla riforma di Palazzo Madama. «Fuori dal coro» si è posizionato Beppe Fioroni, con buona pace dei cattolici Valiante e Rubinato. «Per gli ex democristiani c’è già Guerini — scherza l’ex ministro — Non entriamo, ma saremo leali». Franceschini preme perché alle Riforme, lasciate vacanti dalla Boschi, vada Emanuele Fiano, mentre i veltroniani spingono per Vinicio Peluffo o Giorgio Tonini. Le donne scarseggiano, il che autorizza a sperare alle giovani Lia Quartapelle e Alessia Rotta, la quale potrebbe sostituire la Madia al Lavoro. Tra i renziani è battaglia, ma sottotraccia: il leader detesta le autocandidature. Davide Faraone resta al Welfare o trasloca come sottosegretario al ministero dell’Istruzione, lasciando la segreteria a Simona Malpezzi? Ed Ernesto Carbone, entrerà o no nello staff? La vicesegretaria Debora Serracchiani, salvo sorprese, manterrà la delega alle Infrastrutture.




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