martedì 16 settembre 2014

Altro che elezioni, Renzi mette altra carne al fuoco

Mario Lavia 
Europa  

Il premier disegna un oriizzonte più lungo per la sua azione, fino alla fine naturale della legislatura

Innanzi tutto, il piglio. Matteo Renzi ce ne ha messo tanto, stamane alla camera, più delle ultime apparizioni in parlamento. Un piglio un po’ “leopoldino” che gli serviva a comunicare, nel momento di maggiore difficoltà, che non solo non intende rallentare ma che al contrario vuole andare avanti mettendo altra carne al fuoco.
Per questo, la sceneggiatura renziana non prevede elezioni a breve. La fretta sulla legge elettorale non va spiegata in altro modo se non come l’urgenza di un atto di serietà da parte di un parlamento che è stato “umiliato” dalla Corte Costituzionale. Ma quale legge elettorale? Il premier ancora una volta considera un solo punto come irrinunciabile: il ballottaggio. Anche le elezioni svedesi dimostrano che solo il doppio turno garantiscono un governo certo.
L’orizzonte pertanto è la fine naturale della legislatura. Il 2018. I famosi mille giorni, che scadranno un po’ prima, serviranno per realizzare la mole imponente di proposte che Renzi oggi ha ribadito, anzi, ha implementato. Lavoro (per superare «l’apartheid» dell’attuale sistema di regole), fisco, giustizia (qui con l’insistita curvatura “garantista”: un avviso di garanzia non può precludere l’attività di un uomo politico o di un’azienda – indiretto rifermento alla vicenda dell’Eni), naturalmente scuola e riforme istituzionali.
Ma anche digitalizzazione, diritti civili (non meglio precisati, però), riforma della governance della Rai. Tanta roba.
Un rilancio riformista in piena regola. Con il corollario “schroederiano” della possibilità di perdere consenso pur di farle, le riforme. L’orizzonte è lungo, il parlamento ora lo sa. Il premier si aspetta una sorta di fiducia non formalmente espressa, per ripartire. Perché ha bisogno anche lui di nuovo ossigeno.

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