venerdì 19 settembre 2014

Nicola Pistelli, un uomo libero per rendere liberi gli altri

Pierluigi Castagnetti 
Europa  
 
Il giovane leader della Dc moriva cinquant’anni in un incidente stradale di ritorno dal congresso del partito a Roma. Aveva solo 35 anni ma la sua eredità politica resta incancellabile
Cinquant’anni fa moriva in un incidente stradale di ritorno dal congresso nazionale della Democrazia cristiana di Roma, a soli 35 anni, Nicola Pistelli, avvocato, giornalista, amministratore, deputato e soprattutto carismatico leader politico.
Era esponente di primo piano della corrente della Base, insieme a Marcora, De Mita, Granelli e tanti altri giovani di allora.
Nonostante una vita così breve ha lasciato una eredità politica che ha tracciato il percorso seguito poi da una generazione di giovani amici che divennero ben presto ceto dirigente della politica italiana, la cosiddetta “terza generazione” della Dc.
Per capire lo spessore di questo personaggio basta ripercorrere la sua breve biografia: a 22 anni si laurea in giurisprudenza, a 23 fonda la rivista San Marco, a 25 pubblica il saggio La Pira, La Pignone e la questione delle Cascine, a 26 fonda la rivista Politica attorno a cui si formarono le nuove generazioni del cattolicesimo democratico non solo italiano, ma anche francese, belga, basco, catalano, polacco e di diversi paesi del Sud America, a 26 scrive il saggio Dieci anni nella Democrazia cristiana che resta ancora oggi uno strumento fondamentale per capire le dinamiche interne e le relazioni esterne di questo partito. Nel 1960, diventerà assessore ai lavori pubblici della prima giunta di centrosinistra di Firenze, il braccio operativo del sindaco La Pira. Nel 1962 viene eletto nel congresso di Napoli consigliere nazionale del partito e l’anno successivo deputato al parlamento.
Basterebbe richiamare il breve curriculum che tracciò per il capogruppo Zaccagnini all’inizio della legislatura, quando ogni parlamentare esprime una propensione per l’assegnazione ai lavori nelle commissioni, per cogliere l’originalità del personaggio: «Mi sono laureato in diritto internazionale sostenendo la tesi “Differenza del concetto di neutralità nella Società delle Nazioni e nelle Nazioni Unite”, poi ho fatto l’avvocato per quattro o cinque anni con discreto successo ma con crescente irritazione, perché evidentemente mi veniva più naturale valutare la legge che limitarmi a chiederne l’applicazione. …copro da tre anni la carica di assessore ai lavori pubblici, lavoro che mi ha appassionato… Ho molto interesse per le situazioni di politica estera (ndr: evidentemente viene da lontano l’interesse del figlio Lapo, attuale vice ministro agli Esteri) e per gli studi storici, mentre ne ho molto meno per la filosofia e i dibattiti ideologico…».
Di lui Giovanni di Capua, il suo primo biografo, dirà in modo icastico che è stato «un uomo libero, per far libero il prossimo».
Ciò che di lui colpisce è l’intensa e vasta produzione di pensiero: la raccolta Scritti politici curata da Enrico De Mita è un tomo di mille pagine, solo per avere un’idea del patrimonio che ci ha lasciato in eredità. Esponente di una generazione che si collocava fra De Gasperi e Dossetti, ebbe l’ambizione di andare oltre questi due giganti per porsi il problema concreto di come risvegliare il «gigante addormentato», come lui chiamava il retroterra cattolico, una potenzialità morale e politica pressoché unica con cui la Dc non avrebbe mai dovuto perdere il contatto, pur difendendo la sua autonomia e la laicità della politica, oltreché per mettere in discussione quello che tutti considerano un elemento di identità irrinunciabile della Dc stessa, l’interclassismo.
Pistelli capiva che questo era un valore, ma poteva rappresentare anche un limite nella competizione virtuosa che egli immaginava con il Pci nel definire un punto di riferimento per i ceti più poveri, gli operai e i contadini, e nel mascherare il rischio concreto che la Dc diventasse il partito ospite per eccellenza di quella borghesia italiana che prima e dopo il fascismo si opponeva al vero cambiamento della società: «La Democrazia cristiana è un partito satollo di piccoli borghesi fino al gozzo. E satolli in nome dell’interclassismo».
Ma Pistelli era anche espressione di quella nuova classe dirigente che sentiva su di sé il compito di inventare e costruire un sistema istituzionale in grado di dare sostanza a un modello democratico  diverso da quello liberale, più ambizioso, più moderno, più capace di coniugare il valore irrinunciabile della libertà con quello altrettanto importante della giustizia e, anticipando il pensiero di Moro, dirà: «Dopo aver detto tante volte che la democrazia è il regime in cui tutti hanno diritti, bisogna dire anche che la democrazia è il regime in cui tutti hanno responsabilità».
Questa è la ragione per cui, utilizzando in particolare il quindicinale Politica (una rivista originalissima per quei tempi per la forma, lo stile, le titolazioni e l’uso delle didascalie poste sotto fotografie artistiche prese dalle migliori riviste internazionali di tendenza) si dedicò alla formazione di nuove classi dirigenti per il suo partito (e l’ambizione lo portava a immaginare anche per altri) sapendo che il nuovo si costruisce solo sul terreno della solidità del pensiero e il coraggio del rischio.
Di lui e degli altri della rivista Giovanni di Capua, riprendendo l’immagine del giovane partigiano Teresio Olivelli («ribelli per amore»), coniò quella di «ribelli per fede». Erano quelli infatti gli anni in cui la Chiesa maturava lentamente l’idea di un nuovo Concilio Ecumenico e si può ben dire che, se pur in piccola parte, anche l’azione di questi giovani democristiani, che rischiavano tutti giorni la scomunica pur di non tacere ciò che loro ritenevano coerente con la propria fede, ha recato un contributo non marginale.
L’ambizione del coraggio, del cambiamento, di una società più libera e più giusta, del distacco personale (era solito citare un pensiero di Kennedy: «La moralità di un uomo politico è quella di fare le cose in cui crede, qualunque siano le conseguenze per lui») furono le cifre di una stagione politica a cui Pistelli dette un contributo incancellabile.

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