Corriere della Sera 03/07/15
Monica Guerzoni
«La democrazia del pifferaio non
funziona... Che succede se il pifferaio smette di suonare?». Con
questa metafora Miguel Gotor invita il premier ad «abbandonare la
propaganda» per cercare un accordo politico largo, che consenta di
cambiare la riforma costituzionale appena incardinata a Palazzo
Madama. Lo chiedono i 25 senatori «dem» dell’area di Roberto
Speranza, che hanno firmato il documento «Avanti con le riforme
costituzionali».
Stanchi di essere bollati come gufi e
frenatori, i «25» convocano i giornalisti e presentano la loro
controriforma, che prevede un Senato eletto direttamente dai
cittadini e che abbia poteri di controllo, verifica e garanzia. «La
nostra democrazia non può funzionare con le deleghe in bianco»,
avverte Vannino Chiti. Se il premier vuole trovare un’intesa con la
minoranza deve dunque modificare l’articolo 2, secondo i desiderata
di Bersani e compagni. L’importante, spiegano Gotor, Chiti, Maria
Grazia Gatti e gli altri senatori di Sinistra riformista (Corsini,
Guerra, Martini, Manconi, Migliavacca, Mucchetti, Pegorer, Ricchiuti,
Tocci...) è raggiungere un accordo politico che consenta a Pietro
Grasso di riaprire le danze. Ma il presidente del Senato, per quanto
si dica «pronto a indossare l’elmetto», sulla modifica
dell’articolo 2 si mostra dubbioso. E anche Anna Finocchiaro è
perplessa: «La legge ha avuto due letture conformi e alla Camera c’è
stata solo una piccola modifica formale, non sostanziale».
I
dissidenti però non mollano. «L’Italicum ha cambiato la forma di
governo in senso presidenzialista», osserva Chiti. E Gotor: «Il
sistema istituzionale che si va configurando equivale al partito
carismatico. Siamo alla democrazia del personaggio, sia esso Renzi,
Salvini o Di Maio». Paura dell’uomo forte? «Al contrario —
risponde Gotor —. Se si affida tutto a un carisma e quel carisma va
a sbattere, coinvolge anche il sistema. Servono contrappesi che lo
stesso Renzi ha invocato».
Roberto Speranza è soddisfatto, il
gruppo dei «ribelli» tiene e un accordo che rispolveri il metodo
Mattarella sembra a portata di mano: «Il documento va nella
direzione giusta, il Senato deve essere elettivo». La sinistra
trasformerà in emendamenti le proposte di modifica e un punto di
mediazione non è lontano: se ritoccare l’articolo 2 si rivelerà
impossibile, l’elezione dei senatori potrebbe essere inserita in un
altro passaggio della legge. Magari attraverso liste collegate alle
Regionali, come propone, per bocca dell’onorevole Matteo Mauri, la
minoranza dialogante che fa capo al ministro Maurizio Martina.
In
cambio i «25» chiedono di ripristinare i poteri che la Camera ha
tolto ai senatori: temi e etici e leggi sulla vita e la morte,
amnistia e indulto, diritti delle minoranze, dichiarazione di guerra,
tutela della libertà religiosa e legge elettorale nazionale. «Chi
vince il premio di maggioranza della Camera non può decidere da solo
le regole del gioco — è il mantra di Gotor —. Se il Senato viene
ridotto a un dopolavoro, è più serio e dignitoso chiuderlo». Se
invece resta, i «25» chiedono che venga corretta la modalità di
elezione del presidente della Repubblica, prevedendo anche la
possibilità di nominare i giudici della Corte costituzionale.
Ma
non è così scontato che tutto fili liscio. Federico Fornaro
sospetta una « entente cordiale » tra Renzi e Berlusconi e teme che
i voti di Forza Italia tornino in gioco: «Sento strane voci
sull’intenzione di far correre in parallelo la Rai e la riforma
costituzionale, che Fi tra l’altro ha già votato».
Intanto la
riforma della scuola si avvicina all’approvazione finale. La
commissione Cultura della Camera ha bocciato tutti gli emendamenti e
dato mandato alla relatrice, Maria Coscia del Pd, per la
presentazione del testo in aula. Le opposizioni promettono battaglia
e il 7 luglio sarà il giorno del giudizio.
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