venerdì 17 luglio 2015

Il rogo con i materassi per i profughi «Qui a Treviso non li vogliamo».


Corriere della Sera 17/07/15
Andrea Pasqualetto
QUINTO (Treviso) Improvvisa e violenta, la rabbia di Quinto è esplosa di notte con roghi, barricate e scontri. 
 Mamme come Teresa, operai come Mauro, disoccupati come Giovanni e pure qualche «vecchio» immigrato come il cingalese Damanji hanno detto no: «Non li vogliamo». Dall’altra parte, straniti e confusi, ci sono i 101 migranti trasferiti dalla Prefettura di Treviso in una trentina di abitazioni del loro complesso residenziale di 51 appartamenti, un’isola di cemento in questo verde paese della Marca trevigiana. 
 I due pullman carichi di profughi hanno fatto divampare un tizzone che già ardeva sotto le cenere. Con il risultato che alcuni residenti si sono vestiti da castigatori facendo irruzione in un appartamento dove c’erano materassi, brandine, televisori, decoder, stendibiancheria destinati alle case dei nuovi arrivati. Hanno portato fuori tutto e una parte è stata data alle fiamme. Un’altra è stata accatastata e marchiata: «Questi vadano ai veneti vittime del tornado». Sono volati anche calci e pugni, contro tre operatori della Xenia Ospitalità, la società che si occupa della gestione dei profughi insieme a un’associazione, la Nuova Marghera Facility. «A mezzanotte ero andato a prendere il mediatore culturale — racconta Mauro Andreini, presidente di Xenia —. Ci hanno circondato e siamo stati costretti a scappare, scortati dalle forze dell’ordine». Ad avere la peggio è stato un portinaio, un trevigiano di 69 anni, un paio di pugni e due denti rotti. 
 I residenti si sono poi accampati fuori piantando tende e inscenando una protesta ad oltranza contro gli «occupanti»: «Non rientriamo nelle nostre case finché non se ne saranno andati, questa è un’invasione». E hanno impedito la consegna delle ceste di alimenti per i migranti. 
 Gli argomenti sono vari e tutti li caricano di una collera personale. La pasionaria Teresa protesta mentre allatta la sua creatura di tre mesi sotto un sole cocente: «Consegno le chiavi alla Prefetta, ci penserà lei ad estinguere il mio mutuo». Un signore aveva un appuntamento per vendere casa proprio in questi giorni: «L’acquirente non è venuto, ha detto che ha cambiato idea». Ci sono i pensionati che stentano, i padri che sospirano: «Non sappiamo chi siano, da dove vengono, se sono pericolosi, malati». 
 Il caso Quinto ha infiammato anche il fronte politico, con i militanti di Forza Nuova che hanno offerto la loro muscolarità dialettica e fisica al picchetto degli abitanti. Non poteva mancare il governatore Luca Zaia: «Stanno africanizzando il Veneto, questa è una dichiarazione di guerra di chi non sa cosa significhi metterli accanto a famiglie con bambini piccoli. Era preferibile una tendopoli». A sostegno della sua posizione porta le conclusioni dei tecnici inviati dalla Regione: «Poiché manca la luce gli appartamenti non sono abitabili». Ma l’Ulss 9 di Treviso ha definito anche «buone le condizioni di salubrità degli appartamenti...». Per il Prefetto di Treviso, Maria Augusta Marrosu, è abbastanza: «Resteranno, anche perché non c’è altra scelta». Matteo Salvini non ci ha pensato due volte: «Via il Prefetto se non sa gestore la situazione». Dall’opposizione Alessandra Moretti ha condannato gli atti di violenza, criticando «Zaia, fomentatore di rabbia e di scontri sociali che rischiano di diventare ingestibili». 
 Da una parte i Prefetti e i questori che devono smistare i profughi, dall’altra il governatore e i sindaci che alzano disco rosso. In mezzo ci sono loro, i migranti, che non capiscono dove sono capitati. «Non voglio rimanere qui, sto andando in Inghilterra da mio fratello», dice uno di loro, un sudanese, dalla finestra dell’appartamento dove si è barricato. Mentre fuori si alzano fumo e fiamme .

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