Corriere della Sera d02/07/15
Elisabetta Rosaspina
Né rabbia né paura: negli occhi di
Seiffedine Rezgui, il massacratore di Sousse, in Tunisia, si leggeva
una strana allegria, secondo i pochi testimoni che l’hanno visto
bene in faccia, e hanno poi potuto anche raccontarlo. «Spostatevi,
non sono qui per voi» diceva ai suoi connazionali, mentre mirava
meticolosamente ai bagnanti stranieri sulla spiaggia di El Kantaoui.
Senza fretta.
Sorrideva, prima di sparare, alle sue prede
terrorizzate. Ha ignorato le preghiere di una coppia anziana che,
raggiunta nella piscina coperta del resort Riu Imperial Marhabat, lo
supplicava di risparmiarla.
Era lucido? Forse no. Gli esami
tossicologici condotti sui reperti prelevati dal suo cadavere
forniranno presto una risposta definitiva ai sospetti della polizia e
dei periti: prima di partire per la sua mattanza, venerdì scorso,
Seiffedine si è imbottito di Captagon, la «pozione magica» dei
combattenti islamisti, la droga che li aiuta a compiere le peggiori
atrocità in uno stato di beata euforia. Come fosse un videogioco.
La stampa tunisina ne sembra abbastanza convinta: non si capirebbe
altrimenti quel suo modo di fare, le risate, e perfino le foto che,
secondo qualche testimone, il 23enne studente d’ingegneria ha
trovato il tempo e la voglia di scattare con un cellulare ai cadaveri
di cui stava disseminando il lungomare e i vialetti dell’albergo.
Trentotto morti, ormai tutti identificati: trenta britannici, tre
irlandesi, due tedeschi, un belga, un portoghese e un russo. E
trentasei feriti, in prevalenza europei.
Quando ha deciso di
averne abbastanza, o ha quasi esaurito le munizioni, è tornato di
corsa sulla strada, dove si è incamminato tranquillamente, verso la
scarica di proiettili della polizia che gli arrivava di fronte. «Era
come un automa - insiste chi l’ha visto in azione e filmato -.
Sordo a qualunque invocazione, lo sguardo perso nel vuoto, il sorriso
fisso sulle labbra». Non ha reagito, scrive Le Temps , nemmeno
quando un muratore, dal tetto di una delle case vicine alla spiaggia,
gli ha tirato piastrelle e mattoni.
«Captagon», è la
spiegazione fornita dagli investigatori, a sostegno della tesi che a
manovrare il killer sia stato il braccio libico dell’Isis: quella
«pozione magica» annulla la sensazione di stanchezza, fame, paura,
dolore, sui campi di battaglia. E qualsiasi residuo di umanità nei
tagliagole del califfo.
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