Corriere della Sera 29/07/15
Lorenzo Salvia
La polemica
«La informo che a far data dal 28
luglio 2015, data corrispondente alla scadenza del mandato
affidatomi, lascerò la carica di presidente del Cnel». Due lettere
gelide, una per il presidente della Repubblica, l’altra per il
presidente del consiglio. E Antonio Marzano si alza dalla poltrona
più alta del Consiglio per l’economia e il lavoro, il (teorico)
luogo del dialogo fra le forze produttive del Paese, che il governo
vuole abolire con la riforma costituzionale ancora all’esame del
Parlamento. L’unica differenza tra le due lettere sta nelle
aggiunte a penna: un «illustre presidente» e un «caro saluto» per
Sergio Mattarella, un più ruvido «signor presidente» e «buon
lavoro» per Matteo Renzi. Al di là della polemica personale, per il
Cnel è un altro passaggio senza precedenti nella storia degli organi
costituzionali. Insieme a quello di Marzano, ieri è scaduto il
mandato di tutti i consiglieri. Dice il regolamento che gli incarichi
vengono prorogati automaticamente in attesa dei loro successori. Ma
quelle nomine non arriveranno mai perché il governo ha deciso di
abbandonare il Cnel al suo destino. Nelle settimane scorse Marzano
aveva già scritto a Renzi, chiedendo di procedere alla nomina dei
nuovi componenti o almeno lumi su cosa fare in vista della scadenza.
Ma non ha mai avuto risposta. La lettera di ieri era l’ultimo
tentativo per sollevare il caso. Ma, almeno per il momento, anche
questa è caduta nel vuoto. Cosa succederà adesso? Negli ultimi mesi
sono stati numerosi i consiglieri che si sono dimessi. L’ultimo
passo l’ha fatto la Cgil due giorni fa, ritirando i suoi
rappresentanti. Al momento su 64 consiglieri quelli ancora al loro
posto sono 39. Se si dovesse scendere al di sotto di quota 32, il
Cnel non avrebbe più la possibilità (nemmeno teorica) di prendere
una qualsiasi decisione. Il Cnel costa 8,7 milioni di euro l’anno,
di cui 6,7 per gli stipendi dei dipendenti, il resto per il
mantenimento della sede, la magnifica Villa Lubin sotto i pini di
Villa Borghese. Se si arriverà alla chiusura i circa 80 dipendenti
dovrebbero essere trasferiti quasi tutti alla Corte dei conti. Per la
sede, invece, sembra in ribasso l’ipotesi della vendita per farne
un hotel di lusso. Possibile che venga girata al Csm.
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