Corriere della Sera 25/07/15
Paola Di Caro
L’obiettivo futuro, quello con il
quale Denis Verdini seduce e cerca di convincere più senatori
possibile a fare il grande passo, è costruire nel medio periodo con
Matteo Renzi «il partito della Nazione», con tanto di listone
comune, che diventerà «inevitabile» sperano i suoi se nel Pd si
arriverà alla rottura con la minoranza interna. Ma il traguardo più
immediato da raggiungere in queste ore è quello delle dieci adesioni
al nuovo gruppo a palazzo Madama che si vorrebbe far partire già la
prossima settimana, martedì o mercoledì, accompagnato da una
conferenza stampa di presentazione dello stesso Verdini.
Girano
già i nomi del possibile nuovo capogruppo, il socialista Barani, la
sua vice sarebbe la cosentiniana Eva Longo, anche se sui numeri gli
ex colleghi azzurri hanno più di un dubbio: «Vediamo se ci arrivano
a 10...». Dubbi che i verdiniani spazzano via, assicurando che la
soglia fatidica si supererà perfino, perché ci sarebbero due-tre
azzurri «coperti» pronti a palesarsi all’ultimo momento. In ogni
caso, anche se le perdite di FI resteranno contenute — al Senato
non dovrebbero essere più di 5-6 senatori in uscita compresi alcuni
già passati per il gruppo di Fitto, altri innesti arriverebbero dal
Gal e dal Misto — la nascita di «Azione Liberal-popolare» (così
dovrebbe chiamarsi la componente) avrà un sicuro effetto negli
equilibri del Senato. Numericamente, perché Renzi su riforme e
qualche altro tema delicato (non sulla fiducia, Verdini non entrerà
in maggioranza) potrà contare su un drappello di voti in più che
gli permetterebbero di sopportare qualche defezione a sinistra; e
strutturalmente, visto che il nuovo gruppo potrebbe ottenere
rappresentanza in quella commissione Affari Costituzionali dove i
numeri vedono la maggioranza soccombere, a scapito di un esponente di
Gal come Mario Mauro.
E così, si capisce la preoccupazione che
monta proprio nel Pd, non solo a sinistra. Se fra i renziani la
parola d’ordine è «Forza Italia si sta disgregando, meglio per
noi, se vengono per votare le riforme è un bene», ai vertici del
gruppo al Senato — da Zanda alla Finocchiaro — c’è la
consapevolezza che l’approdo del gruppo dei verdiniani ai confini
della maggioranza porterà grande fibrillazione nel gruppo pd. Basta
sentire quello che dice Miguel Gotor quando avverte che le riforme
«si dovranno fare investendo sull’unità del Pd e non cercando
precarie stampelle fra Verdini, Bondi e gli amici di Cosentino che
non tarderanno a chiedere il conto del loro sostegno». E l’ex pd
Fassina analizza così la situazione: «Berlusconi e Verdini sono
strumenti e interlocutori con i quali si attua il riposizionamento a
destra del Pd: è evidente l’operazione politica di Renzi, che però
non ha nemmeno il mandato elettorale per farla».
Insomma, la
sensazione è che alla ripresa dopo la pausa estiva i giochi
potrebbero farsi molto complicati. Per questo Silvio Berlusconi con i
suoi continua ad ostentare tranquillità. I veri problemi per la
rottura con Verdini, insiste, li avrà «Renzi, che rischia di
vedersi esplodere il partito». E a quel punto la pattuglia di
Verdini potrebbe non bastare per puntellare la maggioranza, a meno di
una crescita graduale e costante. Quella alla quale punta l’ex
coordinatore.
Nessun commento:
Posta un commento