lunedì 27 luglio 2015

La conta di Verdini, nel Pd cresce la fronda.


Corriere della Sera 25/07/15
Paola Di Caro
L’obiettivo futuro, quello con il quale Denis Verdini seduce e cerca di convincere più senatori possibile a fare il grande passo, è costruire nel medio periodo con Matteo Renzi «il partito della Nazione», con tanto di listone comune, che diventerà «inevitabile» sperano i suoi se nel Pd si arriverà alla rottura con la minoranza interna. Ma il traguardo più immediato da raggiungere in queste ore è quello delle dieci adesioni al nuovo gruppo a palazzo Madama che si vorrebbe far partire già la prossima settimana, martedì o mercoledì, accompagnato da una conferenza stampa di presentazione dello stesso Verdini. 
 Girano già i nomi del possibile nuovo capogruppo, il socialista Barani, la sua vice sarebbe la cosentiniana Eva Longo, anche se sui numeri gli ex colleghi azzurri hanno più di un dubbio: «Vediamo se ci arrivano a 10...». Dubbi che i verdiniani spazzano via, assicurando che la soglia fatidica si supererà perfino, perché ci sarebbero due-tre azzurri «coperti» pronti a palesarsi all’ultimo momento. In ogni caso, anche se le perdite di FI resteranno contenute — al Senato non dovrebbero essere più di 5-6 senatori in uscita compresi alcuni già passati per il gruppo di Fitto, altri innesti arriverebbero dal Gal e dal Misto — la nascita di «Azione Liberal-popolare» (così dovrebbe chiamarsi la componente) avrà un sicuro effetto negli equilibri del Senato. Numericamente, perché Renzi su riforme e qualche altro tema delicato (non sulla fiducia, Verdini non entrerà in maggioranza) potrà contare su un drappello di voti in più che gli permetterebbero di sopportare qualche defezione a sinistra; e strutturalmente, visto che il nuovo gruppo potrebbe ottenere rappresentanza in quella commissione Affari Costituzionali dove i numeri vedono la maggioranza soccombere, a scapito di un esponente di Gal come Mario Mauro. 
 E così, si capisce la preoccupazione che monta proprio nel Pd, non solo a sinistra. Se fra i renziani la parola d’ordine è «Forza Italia si sta disgregando, meglio per noi, se vengono per votare le riforme è un bene», ai vertici del gruppo al Senato — da Zanda alla Finocchiaro — c’è la consapevolezza che l’approdo del gruppo dei verdiniani ai confini della maggioranza porterà grande fibrillazione nel gruppo pd. Basta sentire quello che dice Miguel Gotor quando avverte che le riforme «si dovranno fare investendo sull’unità del Pd e non cercando precarie stampelle fra Verdini, Bondi e gli amici di Cosentino che non tarderanno a chiedere il conto del loro sostegno». E l’ex pd Fassina analizza così la situazione: «Berlusconi e Verdini sono strumenti e interlocutori con i quali si attua il riposizionamento a destra del Pd: è evidente l’operazione politica di Renzi, che però non ha nemmeno il mandato elettorale per farla». 
 Insomma, la sensazione è che alla ripresa dopo la pausa estiva i giochi potrebbero farsi molto complicati. Per questo Silvio Berlusconi con i suoi continua ad ostentare tranquillità. I veri problemi per la rottura con Verdini, insiste, li avrà «Renzi, che rischia di vedersi esplodere il partito». E a quel punto la pattuglia di Verdini potrebbe non bastare per puntellare la maggioranza, a meno di una crescita graduale e costante. Quella alla quale punta l’ex coordinatore. 


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