Corriere della Sera 03/07/15
Marco Demarco
«E ora basta con la Campaniafobia»,
dicono soddisfatti i deluchiani. Basta, cioè, con la paura dei
leader alla Masaniello, inaffidabili e ribelli; della terra
intossicata dai veleni e dalla camorra; delle esagerazioni
apocalittiche alla Saviano. Più che un programma post-elettorale, il
loro sembra un piano egemonico, politico e culturale. De Luca vince,
Renzi perde? C’è chi la mette così, ma sarebbe un errore crederci
davvero. Si può invece più correttamente sostenere che De Luca
vince nonostante Renzi. Nonostante la malcelata contrarietà alla
candidatura dell’ex sindaco di Salerno, nonostante i furtivi
incontri dopo la vittoria alle primarie, e nonostante il decreto
firmato a Palazzo Chigi, che ha sospeso il governatore eletto della
Campania prima che potesse nominare vice e giunta. Nonostante tutto
questo, che poi è stato come affondarlo e dirgli: lì è la riva, se
sai nuotare ti salvi, De Luca può ora fare il suo ingresso trionfale
nel Palazzo della Regione. E da qui tutto il resto.
Sebbene non
chiuda definitivamente la partita giudiziaria, infatti, la
sospensione della sospensione decisa ieri dal Tribunale di Napoli
rimette oggettivamente in gioco il vincitore delle regionali
temporaneamente azzoppato dalla Severino e cambia molte cose nel Pd.
Da ieri, De Luca non è più la riduzione caricaturale che ne faceva
Crozza o il notabile di periferia mal sopportato nella capitale. E
Renzi non è più il dominus unico del decisionismo tricolore,
specialmente dopo aver tentennato mesi e mesi proprio sul fronte
campano. L’uno e l’altro non possono più far finta di ignorarsi.
Un deluchiano napoletano della prima ora, ieri la metteva così:
ormai è chiaro che il bonapartismo di Renzi non può più fare a
meno del murattismo di De Luca. E se la metafora può apparire
esagerata, si tenga conto che c’è addirittura chi fa notare che
Murat fu nominato re di Napoli da Napoleone, mentre il neogovernatore
in questione «non è in debito con nessuno». Ed ecco il punto. Nel
partito, tutto questo provocherà non pochi sconvolgimenti. Gli
addetti ai lavori dicono che, a livello nazionale, il caso De Luca
abbia indebolito Lorenzo Guerini, che in loco sosteneva chi
osteggiava le primarie sapendo che le avrebbe vinte l’ex sindaco di
Salerno, e abbia invece rafforzato Luca Lotti, renziano più aperto a
quella ipotesi. Comunque sia, nella nuova giunta di De Luca, non ci
sarà molto spazio per gli amici degli amici, neanche per Assunta
Tartaglione, segretaria regionale legata al potente Mario Casillo, a
sua volta legato a Lotti. Decisivo resta ancora il problema del vice.
La sospensione della sospensione rende meno urgente la presenza di un
vicario forte, come il fedelissimo Fulvio Bonavitacola. Ma non è
detto che De Luca si decida a privarsene subito. Tra due settimane
c’è infatti un altro appuntamento importante con il Tribunale,
bisognerà confermare o meno la decisione del giudice monocratico, e
Bonavitacola potrebbe rimanere utile fino ad allora, insieme con una
giunta «leggera», non definitiva. Poi si vedrà. Ma rimandata la
questione degli assessori, resta apertissima quella del rapporto con
Renzi.
«Nei prossimi mesi — dice De Luca — arriverà
all’Italia l’immagine di una classe dirigente fatta di dignità
istituzionale, di concretezza amministrativa e, come dico io, di
rigore spartano. Nei prossimi mesi ci saranno delle cose positive per
l’Italia oltre che per la Campania». Retorica a parte, vuol dire
che a Renzi sarà immediatamente presentato il conto: quello della
lotta alla «Campaniafobia», appunto; quello del Mezzogiorno che non
intende aspettare i secondi tempi dello sviluppo; e quello dei
comportamenti istituzionali, che di sicuro non saranno più quelli
politicamente corretti e più volte lodati di Caldoro, il
predecessore di De Luca. Tanto per cominciare, ad esempio, De Luca
aprirà subito una vertenza sulla sicurezza e sulla immigrazione
clandestina. Temi delicati. E c’è da scommettere: correranno
parole assai «indigeste» per la sinistra una volta buonista e
tollerante .
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