Corriere della Sera 28/07/15
Enrico Marrp
Nei primi sei mesi di quest’anno le
attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono state circa un
milione: 250 mila in più di quelle registrate nello stesso periodo
del 2014. Questi dati, ricavabili dai bollettini del ministero del
Lavoro (l’ultimo diffuso ieri, riferito a giugno), dimostrano che
il combinato disposto del contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti e dei forti sgravi contributivi (fino a 8.060 euro
all’anno) sta producendo un aumento dei rapporti di lavoro stabili
sul totale delle assunzioni. A giugno hanno toccato il 17,7% contro
il 13,5% del giugno 2014. Ciò sembra sia avvenuto soprattutto a
scapito dei contratti di apprendistato e delle collaborazioni, in
netto calo, mentre restano sostanzialmente stabili i contratti a
termine (circa il 69% delle assunzioni), ulteriormente liberalizzati.
Non apprezzabili, invece, gli effetti sul numero di occupati, che
oscilla, secondo le rilevazioni Istat, intorno ai 22,3 milioni, senza
grandi balzi in avanti. Del resto a far crescere i posti di lavoro
non bastano gli incentivi, perché nessun imprenditore assume se non
ha ordini da soddisfare. E i dati di giugno segnalano anzi che le
cessazioni di contratti a tempo indeterminato sono salite anch’esse.
Pur in questo quadro controverso, l’aumento dei rapporti di lavoro
stabili è comunque un risultato positivo. Ma ottenuto a caro prezzo.
Probabilmente il miliardo e 800 milioni stanziato per finanziare la
decontribuzione 2015 non basterà, visto che secondo la relazione
tecnica è tarato su un milione di contratti incentivati, ma a maggio
si erano già superati i 516 mila (dati Inps). Il governo dovrà
trovare risorse aggiuntive per il 2015 e decidere come rimodulare gli
sgravi per il 2016. Altrimenti anche l’aumento dei contratti
stabili finirà.
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