sabato 18 luglio 2015

L’Italia e gli 84 mila migranti.


Corriere della Sera 18/07/15
Claudio Del Frate
La proteste di piazza, il rifiuto dello straniero; ma anche la cena offerta gratuitamente ai nuovi arrivati o i lavori di manutenzione in cambio dell’ospitalità. L’Italia delle città e dei paesi si scopre divisa di fronte ai profughi. Nel racconto degli ultimi mesi — quelli degli sbarchi record (sono 84.558 gli stranieri accolti, dati aggiornati a ieri) — non ci sono solo le rivolte di Quinto di Treviso e della Storta a Roma, ma tante altre sfaccettature. 
 A volte anche le migliori intenzioni cedono il passo di fronte alla paura, alla rabbia, alle reazioni di pancia e questo viaggio nell’Italia che fa i conti con l’immigrazione potrebbe cominciare da Crema; nella cittadina lombarda, pochi giorni fa, il vescovo Oscar Cantoni aveva deciso di aprire a 5 migranti le porte dell’ex convento delle Ancelle, che si trova vicino a un asilo nido. L’immediata reazione dei genitori dei bambini ha costretto la Curia a emettere un eloquente comunicato: «Vista la tenace e strenua opposizione ad accogliere i profughi, la scelta è stata sospesa». Il rifiuto a volte si concretizza in atti amministrativi come quello del sindaco di Alassio (Savona), che dagli stranieri trovati sul territorio comunale pretende l’esibizione di un certificato sanitario. 
 I sentimenti fanno a pugni con i numeri: quelli diffusi ieri dicono che l’onere maggiore dell’accoglienza è sulle spalle della Sicilia (18%) seguita dalla Lombardia (11%) e dal Lazio (10). E allora capita che di fronte a situazioni di emergenza, calata la rabbia, si faccia strada il pragmatismo. Molte sono le città e i paesi d’Italia dove gli stranieri ricambiano l’accoglienza prestandosi a lavori socialmente utili. E il pragmatismo ha contagiato anche un (ex) leghista come il sindaco di Verona Flavio Tosi: ha firmato un accordo con la prefettura in base al quale 49 migranti cureranno parchi e strade della città in attesa che le pratiche burocratiche completino il loro corso. «È un segnale positivo per gli stranieri e per i veronesi» ha commentato il primo cittadino che fu «camicia verde». 
 Percorsi che aiutano a vincere la diffidenza, ad accorciare le distanze: il lavoro, lo scambio di favori hanno cementato i rapporti tra stranieri e residenti nel piccolo comune di Pettinengo (Biella); al punto che gli abitanti hanno chiesto alle autorità di non allontanare i 14 profughi africani che lo scorso inverno erano approdati lì. Più in là si sono spinti i residenti e i turisti della frazione Bellissimi nel comune di Dolcedo (Imperia): informati dell’invio da parte della prefettura di 6 migranti nigeriani, hanno organizzato una cena in piazza che ha coinvolto 70 commensali per accogliere i nuovi arrivati. «In molti hanno paura della novità – ha commentato Natalino Trinchieri, uno dei promotori dell’iniziativa – e io non giudico chi non accetta gli immigrati». 
 La convivenza è dura per chi sta in Italia ed è dura per chi arriva. Un centinaio di migranti il 13 luglio ha occupato una strada di Eraclea (Venezia) chiedendo condizioni di vita più dignitose all’interno del centro che li stava ospitando. L’attesa, le speranze frustrate portano anche a gesti estremi e difficili da giustificare: come quello di cui si sono resi protagonisti pochi giorni fa 12 profughi ospitati a Vittoria (Ragusa): hanno preso in ostaggio per alcune ore due volontari dell’associazione che li ospita perché non stavano ricevendo il «pocket money», i 17 euro al giorno che spettano loro per le piccole spese. Una protesta analoga era andata in scena pochi giorni prima a Benevento. 
 Mai dimenticare, infine, che la tragedia e la morte incombono sempre su queste vicende. Se ne è reso conto il comune di Tarsia (Cosenza), concorde con l’associazione Diritti Civili nell’ospitare sul suo territorio un cimitero in cui dare sepoltura ai corpi di tutti i migranti morti durante la traversata del Mediterraneo e che nessuno reclama più. Alla fine la pietas umana è il sentimento che sembra avere il sopravvento. 


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