Corriere della Sera 19/07/15
Mario Sensini
L’abolizione della tassa sulla prima
casa nel 2016, poi l’abbattimento dell’Ires per le imprese nel
2017 e l’anno dopo, a fine legislatura, il taglio dell’Irpef.
Matteo Renzi promette una riduzione delle tasse «senza precedenti»:
35 miliardi nel prossimo triennio, che si aggiungono ai 15 già
tagliati con il bonus di 80 euro e gli sgravi Irap del 2014-15, per
un totale di 50 miliardi in cinque anni.
Il piano del premier
prevede uno sgravio di 5 miliardi l’anno prossimo, con
l’eliminazione della Tasi sull’abitazione principale e dell’Imu
su terreni agricoli e impianti industriali, di 15 nel 2017, con una
sforbiciata alle tasse sulle imprese ed altri 15 l’anno dopo con
l’abbattimento delle imposte sui redditi delle persone fisiche. Le
risorse necessarie saranno recuperate con tagli alla spesa, forse
anche posticipando di un anno il pareggio di bilancio fissato al
2017, ma senza infrangere il tetto del 3% del deficit. Il governo è
convinto di avere più margini anche grazie ad un’accelerazione
della crescita, che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha
definito ieri «più robusta».
Si comincia, dunque, dal prelievo
sulla casa. Con la legge di Stabilità di ottobre la Iuc, l’imposta
comunale basata sugli immobili e articolata in tre tributi distinti
(Imu, Tasi e Tari), verrà riformata per l’ennesima volta e
semplificata. Sarà un tributo unico, la «local tax», e non si
applicherà alla prima casa di abitazione. Naturalmente i Comuni, che
sono i titolari delle imposte sugli immobili, dovranno essere
compensati con nuovi trasferimenti dallo Stato centrale.
Dopo
l’Imu «piena» del 20 12, l’Imu «superscontata» del 2013 e la
Tasi del 2014, dunque, chi ha una sola abitazione e vi risiede sarà
graziato. Uno sgravio che vale circa 3,3 miliardi di euro. Almeno
sulla carta, perché la local tax sarà accompagnata dalla riforma
del catasto, che nel giro di qualche anno determinerà una profonda
ridefinizione delle rendite catastali degli immobili, cioè dei
valori sui quali si applicano le aliquote. Renzi non ne ha accennato,
ma è scontato che l’esenzione della tassa sull’abitazione di
residenza non riguarderà case di lusso, ville e castelli che già
oggi, oltre alla Tasi, devono pagare anche l’Imu, l’imposta che
si paga sugli immobili diversi dalla prima casa .
Con la manovra
del 2016, invece, saranno cancellate l’Imu agricola e quella sui
cosiddetti «imbullonati», cioè i macchinari industriali piantati a
terra, come forni, presse e quant’altro, che fin qui hanno prodotto
più polemiche che gettito.
L’Imu agricola, in particolare, è
stata fonte di contestazioni infinite. Oggi si paga in funzione di
due criteri, l’altezza sul livello del mare della «casa comunale»,
e la definizione Istat del territorio municipale. Non si paga se
questo è «interamente» montano, e se la sede del comune è oltre
600 metri. Sono esenti solo coltivatori diretti e imprese agricole se
il territorio è «parzialmente» montano o se il comune sta tra i
280 e i 600 metri di altezza, mentre fino a 280 metri l’Imu
agricola, su terreni e fabbricati rurali, la pagano tutti. Un sistema
complicatissimo per un gettito che è via via diminuito, fin quasi a
divenire irrisorio. Nel 2011, il primo anno, l’incasso fu di 630
milioni di euro, poi sceso a 400 nel 2012, a 260 nel 2013 e ad appena
115 milioni di euro, dopo le ultime modifiche, nel 2014.
Parimenti assurdo è il caso dell’Imu sui macchinari industriali,
di fatto equiparati agli immobili perché sono fissati a terra. Una
cosa che secondo il presidente del Consiglio «non sta né in cielo,
né in terra», ma che è prevista dalla Legge di Stabilità del 2014
(Governo Letta) e blindata da una sentenza di febbraio della sezione
tributaria della Corte di Cassazione. In virtù di questa
interpretazione, «tutte le componenti che contribuiscono in via
ordinaria ad assicurare ad una unità immobiliare una specifica
autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo, sono da
considerare elementi influenti sulla quantificazione della relativa
rendita catastale».
La sentenza ha spianato la strada alle
pretese dell’Agenzia delle Entrate (l’Imu sui capannoni va allo
Stato), che ha cominciato ad applicare i nuovi criteri alle grandi
imprese di lavorazione pesante, come acciaierie e impianti
petroliferi, per le quali la bolletta dell’Imu è esplosa.
Un’azienda del gruppo Eni in Emilia-Romagna si è trovata a pagare
un’Imu maggiorata, rispetto al 2013, addirittura del 900%.
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