Corriere della Sera 03/07/15
Marco Galluzzo
Ci sono diverse ragioni per cui Renzi è
al momento perfettamente allineato alla Merkel nella posizione sulla
Grecia. Ha definito «un errore, un azzardo» la scelta del
referendum adottata da Tsipras, ha dato mandato al ministro Padoan,
nei negoziati degli scorsi giorni, al pari dei tedeschi, e forse
anche una punta di più, di adottare una linea molto rigida nelle
concessioni che Bruxelles è disposta ad offrire ad Atene.
Il
piano politico è presto detto ed è stato condiviso con la
Cancelliera due giorni fa, nell’incontro che il nostro premier ha
avuto a Berlino: se il modo disinvolto con cui il governo ellenico,
che ha cambiato posizione e negoziatori diverse volte, fosse
premiato, alla fine sarebbe un pessimo esempio per quell’Europa
delle regole di bilancio che l’Italia in prima fila rispetta e un
assist formidabile a quelle forze antieuropee, da Podemos a Grillo,
che nei Trattati fiscali dell’Unione europea hanno il loro primo
obiettivo. Insomma, in qualche modo, di necessità virtù. «Se non
vogliamo spingere Salvini e Podemos al 60% non ci sono alternative»,
è quello che raccontano a Palazzo Chigi.
Il piano finanziario, o
economico, ha altri risvolti e riguarda direttamente le nostre
finanze pubbliche. Ieri Standard & Poor’s ha detto che la
Grexit farebbe aumentare i nostri interessi sul debito di 11
miliardi. Ora, è vero che un default greco causerebbe dei danni alla
nostra economia, anche se ieri Renzi ha detto che «l’Italia non
avrebbe problemi particolari», ma è anche vero che al momento
esistono altre strade che vengono discusse fra Bruxelles, Berlino e
le altre Capitali: l’auspicio condiviso a più livelli è infatti
un insuccesso della chiamata alle urne del governo ellenico e una
sostituzione di Tsipras con un esecutivo, magari tecnico,
maggiormente responsabile verso le offerte sin qui girate ad Atene.
Fra l’altro sempre ieri, lo stesso Renzi, ha affermato al Tg1 che
dopo il referendum «la Grecia in ogni caso dovrà tornare al tavolo
delle trattative e farà di tutto per arrivare ad un accordo».
In questo modo si avrebbe quell’« happy ending della telenovela »,
come l’ha definita senza nascondere il suo fastidio lo stesso
Renzi, che consentirebbe, anche al nostro governo, di ricominciare a
discutere di misure espansive. Misure che devono essere approvate da
Bruxelles. E per le quali Renzi ha innanzitutto bisogno della
Cancelliera, come si è visto anche sulla vicenda dei migranti, per
la quale il premier ha pubblicamente ringraziato Angela, senza la
quale la scorsa settimana probabilmente non si sarebbe superata la
resistenza di Spagna e Paesi Baltici.
L’idea di Renzi, che ha
condiviso con i suoi più stretti collaboratori, è quella di
negoziare un diverso percorso di rientro del deficit, rinviando il
pareggio di bilancio di almeno due anni: «Con le cifre attuali,
l’anno prossimo deficit all’1,8 del Pil, e quello successivo allo
0,7, non siamo in grado di abbassare le tasse e questo non ha senso»,
continuano a Palazzo Chigi. Ecco perché Renzi a Berlino ha detto
chiaro, davanti ad una platea istituzionale ed accademica, che «le
regole attuali» del Fiscal compact «vanno bene per voi, ma non per
noi».
Fra l’altro al momento, e la vicenda dei migranti l’ha
dimostrato, il migliore alleato di Renzi in Europa è proprio la
Cancelliera, che ancora una volta due giorni fa ha ricevuto da Renzi
l’ennesima relazione dettagliata sulle riforme in corso in Italia e
a sua volta non ha lesinato complimenti pubblici per il lavoro di
Palazzo Chigi. Gli altri alleati, in questo momento, latitano: Parigi
sulle quote ci ha chiuso le frontiere, la Spagna ha remato contro, i
Paesi Baltici e quelli dell’Est hanno preso di mira gli obiettivi
italiani anche come ritorsione per la posizione del nostro Paese
verso Putin e le sanzioni economiche contro Mosca.
Insomma Renzi
l’anno prossimo avrà bisogno di molti decimali in più di deficit
per accompagnare e irrobustire la ripresa, e gli unici che hanno il
potere di concedere «disco verde» si trovano a Berlino.
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