Corriere della Sera 18/07/15
Rinaldo Frignani
L’escalation è durata alcune
settimane. Fra gli abitanti del comitato di Casale di San Nicola e il
prefetto della Capitale Franco Gabrielli non c’è mai stata una
grande simpatia, nonostante i contatti avuti da quando è stato
deciso che il complesso residenziale sulla Cassia e l’ex scuola
Socrate sarebbero diventati un luogo d’accoglienza per rifugiati.
Gli scontri di ieri potrebbero aver ulteriormente scavato un solco. E
la presenza di esponenti politici fra gli arrestati — in
particolare uno iscritto a Fratelli d’Italia — potrebbe aprire
nuovi scenari. Anche alla luce di altri episodi di tensione con gli
immigrati che si sono avuti in città — specialmente in periferia —
nei giorni scorsi.
Prefetto Gabrielli, si temevano scontri con
l’arrivo dei rifugiati. E ci sono stati. Cosa si può fare per
evitarli?
«A Roma ci sono stati scontri con 14 feriti fra le
forze dell’ordine, è bene sottolineare, e una chiarissima
strumentalizzazione della protesta. Anzi, i cittadini si sono fatti
strumentalizzare dagli estremisti».
Si è parlato molto
dell’ondata di migranti. Questo è solo l’inizio?
«Cominciamo
subito col chiarire che la provenienza dei rifugiati è stata al
centro di una vera e propria mistificazione. I diciannove stranieri
in questione non vengono da chissà dove, non sono nuovi arrivi. Sono
persone che già vivevano in una struttura d’accoglienza in via
Visso (nel quartiere di San Basilio, sulla Tiburtina). Gente che
aveva bisogno di assistenza e accoglienza, e che era rientrata nei
criteri di assegnazione già nel 2014. Purtroppo con quel sistema il
problema della presenza degli immigrati si era ulteriormente
appesantito in alcune realtà cittadine, come quella di Tor Sapienza
(finita al centro di tafferugli e proteste nell’autunno scorso
insieme con Corcolle, ndr )».
Ed erano quindi stati accolti a
San Basilio...
«Esatto. Allora il prefetto ancora non ero io, ma
nel febbraio scorso la Prefettura fece un bando, devo dire
intelligente, dividendo Roma in sette distretti, per verificare le
strutture d’accoglienza ed evitare concentrazioni di migranti. I 19
finirono così in via Visso, una struttura che adesso abbiamo deciso
di chiudere viste le sue precarie condizioni. Mi chiedo ora, visto
che a Casale di San Nicola è stato sollevato questo problema fino a
poco tempo fa, dove fossero questi paladini dell’inidoneità degli
edifici quando gli immigrati vivevano a San Basilio».
Il suo
appello al buon senso ieri non è stato recepito...
«Qualche
giorno fa, visto il clima, ho chiesto a chi protestava di agire
proprio in quel modo, ma ho anche ricordato che comunque noi siamo i
titolari della forza pubblica e che l’avremmo applicata se la
situazione lo avesse richiesto. Purtroppo così è stato. Speriamo di
non doverlo fare di nuovo».
Qualcuno l’ha anche chiamata
«pazzo criminale». Il clima a Roma, come a Treviso, è rovente...
«Sì, è vero. Ma noi siamo funzionari dello Stato che mettono in
atto procedure che devono seguire un iter fino alla loro conclusione.
È chiaro che se gli immigrati non arrivassero, se non ci fosse
un’emergenza, staremmo tutti più tranquilli. Purtroppo, riferito a
chi deve lasciare la sua terra per guerre o situazioni altrettanto
drammatiche, queste persone continuano ad arrivare. Ed è nostro
compito gestire questa situazione».
Con i residenti di Casale
San Nicola c’è mai stato un rapporto positivo?
«Innanzitutto
bisogna sottolineare che non tutti gli abitanti sono contrari
all’arrivo dei rifugiati. C’è una parte che non ha protestato e
ha collaborato. Con l’altra non mi sono mai sottratto al confronto.
Ci siamo incontrati, li ho ricevuti. Avrei apprezzato un
atteggiamento più onesto. Sarebbe stato meglio che mi avessero detto
semplicemente “noi gli stranieri qui non li vogliamo”. Certo, non
avrei condiviso il loro pensiero, ma almeno avrei capito che c’era
una posizione chiara e netta. E poi hanno permesso che solo i
facinorosi occupassero la scena».
Questa vicenda si trascina
ormai da tre mesi. C’è il rischio che avvenga la stessa cosa in
altri quartieri?
«A Casale di San Nicola c’è una cooperativa
(l’Isola Verde onlus) che ha partecipato al bando e dispone di
servizi di un certo tipo. Ma con il sequestro della struttura (dopo
la denuncia degli abitanti, ndr ) si sono persi ben due mesi.
Ritorniamo al discorso di prima. Qui c’è gente che ha investito
delle risorse nell’accoglienza, anche perché — come ho spiegato
di recente in un municipio — dobbiamo dare accoglienza».
Nessun commento:
Posta un commento