FRANCESCO BEI GOFFREDO DE MARCHIS
La Repubblica 1 maggio 2015
IL RETROSCENA
Sulla legge elettorale gli irriducibili
alzano bandiera bianca. Nel voto segreto di lunedì, i 38 che non
hanno votato la fiducia potranno crescere «fino a 50», è la
previsione di Roberto Speranza. Ma non sposteranno gli equilibri, non
creeranno alcun affanno a Matteo Renzi e all’Italicum che diventerà
legge. Perciò la minoranza si prepara a nuove battaglie, per tenere
vivo lo strappo consumato in aula a Montecitorio. La prossima
settimana si voterà il nuovo capogruppo del Pd. L’obiettivo è
ridurre al minimo i voti del vincitore mentre Speranza, quando fu
eletto due anni fa, incassò, a scrutinio segreto, un plebiscito.
Poi, ci sono le manovre sulle regionali, in particolare sulla Liguria
dove la candidata ufficiale di Renzi, Raffaella Paita, subisce la
rimonta, da sinistra, del civatiano Pastorino. E tra la minoranza dem
il passa parola è quello di usare il voto disgiunto (a favore di
Pastorino) per colpire la candidata renziana. Se il premier, oltre
che in Veneto, perdesse in una regione rossa, i ribelli sognano
“l’effetto D’Alema”, costretto a lasciare palazzo Chigi dopo
la disfatta alle regionali del 2000. Ma il terreno di scontro
immediato può diventare la scuola. Il premier vuole conquistare
un’altra medaglia da esibire nella campagna elettorale per il 31
maggio: il primo voto della Camera sul disegno di legge “la buona
scuola”. Che assume 100 mila precari, offre ai presidi poteri di
scelta dei professori e garantisce un finanziamento per la
ristrutturazione degli edifici. Il 19 maggio è previsto il voto
finale a Montecitorio. È una corsa contro il tempo che la minoranza,
soprattutto i duri e puri, pensa di usare per ostacolare il progetto
renziano. La scuola parla al popolo della sinistra, riconnette la
politica a un mondo tradizionalmente schierato, ai sindacati,
all’opposizione verso l’esecutivo che esiste nel Paese. Non a
caso, Nichi Vendola lo ha capito per primo e il 5 maggio cavalcherà
lo sciopero degli insegnanti e del personale Ata. Sel sarà in
piazza, il Movimento 5stelle pure. Accanto a loro, scommettono al
Nazareno, ci saranno anche i dirigenti dello strappo. Da Fassina a
Civati, senza escludere la possibile presenza di Speranza. La scuola
è stato anche un argomento di polemica di Enrico Letta: «Quando fai
tante promesse disattese poi ti ritrovi la gente in corteo e uno
sciopero, come quello del 5 maggio».
Prima di pensare alle contromosse sulla
scuola Renzi punta comunque a portare a casa la nuova legge
elettorale. Se il risultato finale sembra scontato è anche per la
probabile scelta dell’opposizione di disertare in massa l’aula,
lasciando alla sola maggioranza l’onere di approvarsi da sola la
riforma. È stato il capogruppo forzista Renato Brunetta, ieri
pomeriggio, a convincere i colleghi di Sel, FdI, Lega e M5S a
quest’ennesimo Aventino. «Una mossa disperata», commentano i
deputati forzisti ostili al capogruppo, per mascherare le divisioni
interne al partito. «Se restassimo tutti in aula, con il voto
segreto Renzi avrebbe cinquanta voti in più». Lunedì mattina si
terrà un’ultima riunione di vertice tra tutte le opposizioni per
decidere come comportarsi. E non è nemmeno esclusa l’ipotesi che
Brunetta rinunci al voto segreto, proprio per costringere tutti i
forzisti a votare contro l’Italicum. Del resto già ieri, un po’
per il ponte del 1° maggio e un po’ per le tensione intestine, i
votanti di Forza Italia erano scesi durante la prima fiducia della
mattina. Così Brunetta ha dato l’ordine: «Tutti fuori alla
seconda fiducia». E gli azzurri non si sono contati.
Appare difficile, per il momento, una
ricucitura dei rapporti nel Pd. Pippo Civati e Stefano Fassina sono
dati in uscita. Potrebbero scegliere l’addio dopo le regionali.
Questa scissione, criticata da Bersani, Speranza, D’Attorre e altri
irriducibili, intende aprire la strada ad altre uscite, con l’idea
di costituire un gruppo autonomo in Parlamento a partire dal Senato.
Ma la necessità di una tregua con la sinistra, per non perdere
quella storia e quel seme nel Pd, è ben presente anche a Renzi. Per
questo si attende, dopo il duello a colpi di fiducia, un gesto del
premier. E potrebbe davvero arrivare sulla riforma del Senato «per
farlo assomigliare al Bundesrat», dice Francesco Boccia. Con poteri
diversi dalla Camera, ma con consiglieri regionali espressamente
eletti per occupare il ruolo di senatori. Un contrappeso
all’-Italicum.
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