TONY BLAIR
La Repubblica 11 maggio 2015
L’ex premier riflette sui
pessimi risultati del partito alle elezioni “Non riconquisteremo la
Scozia diventando più di sinistra”. “Sull’immigrazione siamo
per le regole, ma non per i pregiudizi: niente indulgenze nei
confronti dell’Ukip”.
Il partito laburista dovrebbe essere
profondamente deluso, ma non scoraggiato. Abbiamo perso. Niente però,
fuorché noi stessi, ci impedisce di vincere la prossima volta; anzi,
davanti a noi si apre una grande occasione. Il Paese ha votato i
conservatori per default. Non voleva votare davvero per loro. Questo
spiega la discrepanza tra i sondaggi e il risultato. Dovremmo
sentirci scoppiare di energia, non essere demoralizzati. Tutti noi
del partito abbiamo ora una responsabilità: non ci sono “zone di
conforto”, non si possono confondere tattica e strategia, non si
deve credere di aver evitato la spaccatura quando abbiamo solo
evitato di decidere. La sconfitta è amara, ma può essere
istruttiva. Scegliere un nuovo leader è importante, ma non quanto
scegliere una direzione. E i cambiamenti da portare a termine, che
saranno la priorità dei Tory, renderanno ancor più faticosa
l’ascesa verso la vittoria.
Ci sono tre fattori. Primo: la strada
verso la vetta parte dal centro. Il Labour deve avere a cuore
ambizione e aspirazioni, ma anche compassione e dedizione. “Le
famiglie che lavorano sodo” vogliono sapere che col loro duro
lavoro e i loro sforzi potranno avere buoni risultati, elevarsi,
raggiungere il successo. Vogliono stare meglio economicamente e
devono sapere che noi li sosteniamo in questa impresa.
Dobbiamo rivolgerci a chi dirige le
imprese e anche a chi vi lavora; convincere la gente che
amministreremo bene e in modo produttivo l’economia e ciò deve
includere una difesa del nostro operato in campo economico quando
eravamo al governo, in modo da descrivere esattamente l’impatto
della crisi finanziaria globale del 2008, ma ammettere anche dove
avremmo potuto fare meglio. Dobbiamo introdurre e guidare il grande
dibattito sulle potenzialità della macroeconomia nel creare
ricchezza. Nel 1997 fummo fieri infatti di proporre e argomentare il
caso del primo salario minimo britannico. Tuttavia, non avremmo mai
potuto vincere un’elezione basandoci soltanto su quello. E lo
stesso vale per i contratti a zero ore. Dobbiamo dare al governo un
ruolo che sia strategico e conferisca potere effettivo ai singoli. Se
non saremo noi i riformatori dei servizi pubblici e del welfare
state, i Tory ne saranno i demolitori.
Il centro è uno stato mentale quanto
un insieme di politiche. Scegliere il centro implica il fatto di
riconoscere che nel mondo odierno molte soluzioni trascendono i
confini tradizionali tra sinistra e destra. Dobbiamo sentirci a
nostro agio con questo, stringere alleanze che includano sia quanti
sono estranei al nostro campo, sia quelli che ne fanno parte. Guidare
il dibattito sul perché la Gran Bretagna dovrebbe restare in Europa
offre una grande opportunità da questo punto di vista. Secondo: il
centro non è il luogo in cui si evidenzia la spaccatura tra politica
progressista e conservatrice. È invece il luogo nel quale la
politica progressista abbraccia l’ampiezza del territorio per
consentirgli di guardare al futuro. Il progetto laburista deve essere
sempre proiettato al futuro. Vinciamo quando capiamo come sta
evolvendo il mondo e quando comprendiamo in che modo questi
cambiamenti possono essere plasmati per il bene della popolazione.
Dobbiamo essere innovatori della politica.
In questo periodo il mondo è una
piazza straordinaria che pullula di nuove idee e pensieri. Dovremmo
esaminarli e individuare le idee dalle quali apprendere, quelle da
sviluppare. Ma ciò impone di riflettere sul serio e a mente aperta.
Così, per esempio, la tecnologia
dovrebbe già bastare a rivoluzionare il modo col quale garantiamo i
servizi pubblici. Se ripartissimo da zero, oggi non progetteremmo mai
il nostro sistema sanitario e l’istruzione così come sono, perché
la tecnologia offre molti modi di fare le cose in maniera diversa.
C’è moltissimo lavoro da fare
riguardo a nuove forme di impegno civico e di servizio alla comunità.
Alcune delle idee migliori si possono trovare tra le leadership dei
nostri consigli locali riguardo alle politiche della casa, delle
infrastrutture, della politica industriale moderna, degli
investimenti che hanno un vero impatto sociale. Ed ha avuto ragione a
sollevare la questione della diseguaglianza e a dire che il Labour
dovrebbe tornare a concentrarsi su di essa. Questo rimarrà il suo
contributo allo sviluppo del partito. E, nella misura in cui questo è
anche un implicito rimprovero alle mie politiche, lo accetto.
Terzo: le buone idee falliscono se
organizzazione e strategia sono mediocri. Dobbiamo perciò riflettere
su come si costruisce un partito, com’è organizzato, gestito e
come prende decisioni. Mi riferisco a come dar vita a un nuovo
elettorato che ci sostenga, a come ci apriamo a gente nuova ed
energie nuove. Per il partito è il tempo di intraprendere un
rinnovamento fondamentale. Strategie e tattiche devono andare di pari
passo. Se strategicamente vogliamo dirigerci verso il centro,
dobbiamo prestare attenzione, e controllare che le varie politiche —
anche se individualmente sono popolari — non arrivino prese tutte
insieme a contraddire la strategia iniziale spingendoci troppo a
sinistra. Se saremo di larghe vedute e se guarderemo al futuro,
naturalmente dovremo controllare l’immigrazione, ma farci
portabandiera contro le politiche dell’Ukip e attaccare
l’indulgenza dei Tory nei suoi confronti. Noi siamo per le regole,
non per i pregiudizi. La Scozia è una sfida enorme, ma non la
riconquisteremo mai diventando più “scozzesi” e più “di
sinistra”. La riconquisteremo affrontando l’ideologia del
nazionalismo: una filosofia reazionaria camuffata da progressista. E
la riconquisteremo offrendo politiche lungimiranti, progressiste, non
basate soltanto sul luogo comune che i problemi della Scozia saranno
risolti con un rapporto diverso con l’Inghilterra, non più di
quanto i problemi dell’Inghilterra saranno risolti uscendo
dall’Europa.
I Tory non sono cambiati, ed è per
questo che sono battibili. Ma noi dobbiamo portare a compimento la
nostra opera riformatrice. Il percorso per arrivare in vetta durerà
cinque anni e sarà arduo. Eppure dovremmo essere entusiasti di
percorrerlo. Come sempre, il nostro destino è nelle nostre mani.
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