CARMELO LOPAPA
La Repubblica 7 maggio 2015
Salvini: “Non esiste”. Meloni:
“Niente ammucchiate” Ma il leader forzista insiste: “Si
dovranno adeguare”
«A me delle loro critiche non importa
nulla, cosa vi aspettavate? Siamo in campagna elettorale». Silvio
Berlusconi non rinuncia al progetto del Partito repubblicano o come
altro si chiamerà il «grande contenitore dei moderati» che ha
deciso ormai di lanciare. A giugno si parte.
Il capo di Forza Italia rientra a Roma
dopo la lunga parentesi d’affari ad Arcore. Riceve un gruppo di
candidati pugliesi, parla con i dirigenti che vogliono sapere quanto
faccia sul serio e soprattutto come reagire al fuoco di fila degli
(ipotetici) alleati, da Salvini alla Meloni. L’ex Cavaliere non
retrocede. «Noi dobbiamo rivolgerci ai milioni che non vanno più a
votare e poi tutti, perfino Salvini, dovranno fare i conti con questa
legge elettorale. Vedrete che anche Matteo cambierà idea, il ragazzo
metterà la testa a posto». Si tratta solo di attendere il 31
maggio, è la convinzione. Ai candidati che lo hanno inchiodato per
ore a caccia di selfie da esibire poi in campagna elettorale, ripete
che ormai non c’è alternativa: «Bisogna convincere gli elettori
che devono votare per un unico grande partito. Prendete il mio caso,
la rivoluzione liberale mi è stata impedita dagli alleati con cui
sono stato costretto a convivere». Listone unico, dunque. Ma con
chi? Matteo Salvini, come ha ripetuto ieri in un’intervista alla
Stampa, non ne vuol sapere: «Mai, non mi sciolgo in Forza Italia».
Il progetto, di cui sono a conoscenza i leghisti a lui più vicini, è
ormai altro: alzare sempre più il tiro, portare il 15 per cento
attestato da sondaggi a un mirabolante 20 e scalzare Beppe Grillo.
Insomma, puntare al ballottaggio col Pd, ma col vessillo della Lega
sopra quel listone. E a quel punto deciderà Berlusconi se starci o
meno. Ma da gregario, appunto. E sferzante lo è in queste ore anche
Giorgia Meloni dei Fratelli d’Italia: «Lo diciamo subito, non
siamo disponibili a nessuna ammucchiata. Ci abbiamo già provato, si
chiamava Popolo della libertà ed è naufragato». Chi resta? Alfano
e i suoi? «Non ci convince, l’Italicum è destinato a far
competere due partiti di governo, non anti sistema come Lega e M5s»,
ragiona Gaetano Quagliariello. Come dire, se del listone dovesse far
parte il Carroccio, non ci sono margini di convivenza. Dentro Forza
Italia alle dichiarazioni entusiastiche dei fedelissimi si affiancano
riserve. Del capo dei dissidenti Raffaele Fitto, soprattutto. Al
quale il partitone potrebbe anche andare bene, se non fosse che ci
punta «da giorni il cerchio che inspiegabilmente viene definito
magico: segnalo che nel Partito repubblicano americano ci sono le
primarie e la leadership è contendibile e non sono due dettagli».
Ma anche un fondatore forzista della
prima ora (e filo Usa) come Antonio Martino, coltiva i suoi dubbi:
«Già sul partito repubblicano americano gravano pesanti
contraddizioni, come la convivenza tra l’ala cattolica più
radicale e quella fortemente laica. Qui vorrebbe dire tenere insieme
dalla Binetti a Pannella, insostenibile. E poi il grande partito si
regge quando c’è o si propone una leadership forte». E il
centrodestra, sottinteso, per adesso non ne dispone.
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