Corriere della Sera 16/05/15
Paolo Valentino
Onorevole ministro, come agirà
concretamente la missione Ue contro gli scafisti?
«Il comunicato
finale del Consiglio europeo indica chiaramente l’obiettivo:
“Prendere misure sistematiche per individuare, fermare e
distruggere le imbarcazioni prima che siano usate dai trafficanti”.
Le modalità non le definisce il ministero degli Esteri. Non saranno
operazioni di bombardamento da aerei o da navi in mare dei barconi e
non sarà un intervento di occupazione con boots on the ground ,
forze militari sul terreno. Escluso ciò, restano un enorme lavoro di
intelligence teso a individuare i trafficanti, le operazioni navali
di sequestro e confisca in mare dei mezzi una volta salvati i
migranti e incursioni mirate sulle coste. Per questo è essenziale
avere una risoluzione Onu: lo richiedono anche solo il sequestro e la
confisca al largo o l’eliminazione a riva dei mezzi».
Paolo
Gentiloni è attento nell’uso delle parole. Troppe cose sono state
dette negli ultimi giorni a proposito della missione anti
trafficanti, che i leader europei hanno chiesto a Federica Mogherini
di preparare sul doppio fronte, quello operativo interno alla Ue e
quello diplomatico internazionale al Palazzo di Vetro.
«Entro il
mese — spiega il ministro degli Esteri — capiremo se la
risoluzione del Consiglio di sicurezza va a buon fine. I due snodi
essenziali sono: rassicurare i membri permanenti che il riferimento
al Capitolo 7, cioè il ricorso all’uso della forza, non prelude a
interventi militari in Libia, motivo di forte preoccupazione per
Mosca e Pechino. Noi sappiamo bene di non avere intenzioni del
genere. Ma Lavrov a Mosca mi ha sottolineato la necessità che la
risoluzione sia molto chiara su questo punto. Secondo snodo,
l’ingaggio delle autorità libiche a questo tipo di intervento, a
partire dal Parlamento di Tobruk. Sapendo che in Libia non c’è un
solo governo e quindi nulla è semplice su questo piano».
Quali
tempi invece prevede per il via definitivo della Ue alla missione?
«Il progetto verrà sottoposto ai ministri degli Esteri e della
Difesa lunedì. L’Italia è tra i Paesi che si augurano la sua
immediata approvazione. Ci siamo candidati a guidarla, offrendo anche
Roma come sede del comando. Penso che il passo finale sarà quello
del Consiglio europeo di fine giugno».
Siamo sulla buona strada
per risolvere il problema immigrazione?
«Il naufragio di un mese
fa avrebbe potuto essere un naufragio dell’Europa. Invece ha
provocato un suo risveglio politico e il ruolo dell’Italia è stato
decisivo. Nessuna singola misura può risolvere una volta per tutte
il problema dei migranti. Sarà permanente nei prossimi decenni,
basta guardare i divari di reddito e demografici tra Europa e Africa,
le crisi e le guerre. Non illudiamoci di poterlo cancellare, possiamo
solo lavorare per regolarlo. E su questo sono stati fatti passi in
avanti: più impegno nei Paesi d’origine, più cooperazione di
ricerca e soccorso nel Mediterraneo, responsabilità collettiva
nell’accoglienza dei rifugiati. L’unica cosa che l’Italia non
può fare, checché ne dicano alcuni nel dibattito interno, è
pensare di affondare i migranti con tutti i barconi, o lasciarli al
largo a morire, come avviene in questi giorni tra Myanmar e
Thailandia. Questa roba in Europa non può esistere».
Ma i passi
in avanti sono ancora solo una proposta della Commissione.
«Sono
state fissate quote per Paese, quanto ai migranti in arrivo da Paesi
terzi. C’è ancora da quantificare la quota di rifugiati che sono
già in Europa, cioè in Italia e in Grecia, da redistribuire fra i
partner. Comunque è la prima volta che si afferma il principio di
condividere l’accoglienza dei migranti. Certo è ancora una
proposta, ma nasce dalla decisione del Consiglio europeo
straordinario chiesto da Renzi il 23 aprile».
La visita di John
Kerry e i colloqui con Putin, dopo quasi due anni di blackout nei
rapporti di vertice tra Mosca e Washington, sono un cambio di passo
spettacolare nella condotta americana. Danno ragione alla linea
italiana, che non ha mai voluto interrompere il dialogo con Mosca?
«Ho detto a Kerry al vertice Nato in Turchia, dov’è arrivato
subito dopo Sochi, che l’Italia ha molto apprezzato la sua
iniziativa. Come il Segretario di Stato mi aveva spiegato,
anticipandomi alcune settimane fa l’intenzione di incontrare Putin,
non si tratta di un ritorno al “business as usual” pre Ucraina,
ma del tentativo di riaprire un canale di comunicazione. Il suo
messaggio è che la discussione sull’Ucraina è stata “costruttiva”
anche se attesa alla prova dei fatti sul pieno rispetto degli accordi
di Minsk da parte di Mosca. Oltre a questo, era fondamentale per gli
Usa consolidare la disponibilità russa a collaborare sulla
trattativa nucleare con l’Iran, dove Mosca svolge da mesi un ruolo
rilevante e positivo, sulla Siria e sulla Libia».
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