Corriere della Sera 22/05/15
Monica Guerzoni
Un partito che vince anche senza
alleati, realizzando il sogno veltroniano della «vocazione
maggioritaria». Un partito che rafforza l’azione del governo
grazie a gruppi parlamentari compatti come una falange macedone, dove
i voti in dissenso sono ridotti a pochi casi di libertà di coscienza
e dove chi si smarca paga pegno. «In segreteria — ha dichiarato
Debora Serracchiani lasciando il Nazareno dopo la riunione —
abbiamo fatto il punto sia sui numeri che sulla tenuta del Pd, che è
buona ovunque».
Con la sua squadra Matteo Renzi non ha parlato
di partito della nazione, ma ha confermato la direzione di marcia.
«Fatto l’Italicum diventa urgente costruire il partito adatto alla
nuova legge elettorale — spiega Giorgio Tonini —. Un Pd che si
apra a nuovi apporti, da Dellai alle realtà civiche. Chi vince avrà
25 voti di maggioranza e senza un senso forte di disciplina e unità
interna la stabilità è a rischio». Con l’Italicum i deputati che
fanno capo a Speranza e Bersani basterebbero a buttare giù il
governo. E così Renzi accelera, annunciando una «tre giorni per
pensare, tutti insieme, al nostro modo di stare nel Pd». Chi vota in
dissenso subisce sanzioni? Questo è il punto politico da affrontare
dopo le regionali. Il premier non ha parlato di espulsioni, ma ha
detto che «è ora di darci delle regole su come si sta insieme».
Matteo Orfini le vorrebbe stringenti e lo dice senza giri di parole:
«Il Pd non prevede provvedimenti per i voti in dissenso, ma forse
una riflessione dove si garantisce che il nostro partito non diventi
una federazione di correnti dobbiamo farla». Su questioni etiche e
materia costituzionale la libertà di coscienza sarà garantita. Su
temi come scuola, lavoro o legge elettorale invece, con le nuove
tavole della legge sarà più difficile smarcarsi. E qui Orfini è
durissimo con Bersani e compagni: «Trovo che votare contro decisioni
assunte assieme nei gruppi sia una interpretazione molto discutibile
di come si sta in un partito — è il monito del presidente alla
minoranza —. Soprattutto da parte di quelli che non ebbero alcuna
perplessità a chiedermi, in nome della disciplina di partito, di
votare la fiducia a un governo con Berlusconi». Il seminario
annunciato da Renzi potrebbe non essere indolore vista la battuta con
cui Nico Stumpo, di Area riformista, saluta la notizia: «Lo Statuto
dobbiamo riscriverlo, ma il Pd ha già delle regole e il saggio Dei
delitti e delle pene esiste già, lo ha scritto Cesare Beccaria».
Al Nazareno una commissione ad hoc, presieduta da Orfini e Guerini,
lavora da mesi alle modifiche statutarie e agli eventuali
regolamenti, un pacchetto che dovrà essere votato dall’assemblea
nazionale. La commissione ha anche concluso il lavoro per una
proposta di legge sui partiti in applicazione dell’articolo 49
della Costituzione, che sarà depositata martedì con le firme di
Guerini, Orfini, Stumpo e De Maria. «Oltre alla trasparenza e alla
democrazia, prevediamo che i partiti abbiano personalità giuridica —
spiega Guerini —. Un tema dibattuto ciclicamente dai tempi della
Costituente».
Il cuperliano Andrea De Maria è soddisfatto per
«l’ottimo lavoro unitario» della commissione e si è convinto che
«regole condivise per la disciplina di voto siano un elemento di
chiarezza importante per tutti, forse ancora di più per chi
dissente». Vista la scarsa compattezza della minoranza, il divieto
di procedere in ordine sparso potrebbe togliere molti non-renziani
dall’imbarazzo. In particolare al Senato, dove i voti della
sinistra dissidente sono decisivi. Renzi si appresta anche a fare il
tagliando alle primarie per evitare inquinamenti e a chiudere le
polemiche sulla forma partito. E qui la decisione è presa. Il nuovo
Pd sarà «un partito di iscritti ed elettori».
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