Corriere della Sera 27/05/15
Gian Guido Vecchi
«Uno Stato democratico deve
rispettare la volontà popolare, mi pare chiaro, se la maggioranza
del popolo vuole queste unioni civili è un dovere dello Stato
riconoscere tali diritti. Ma non possiamo dimenticare che anche una
legislazione simile, pur distinguendo fra il matrimonio e le unioni
omosessuali, arriva a riconoscere a tali unioni più o meno gli
stessi diritti delle famiglie formate da uomo e donna. Questo ha un
impatto enorme sulla coscienza morale della gente. Crea una certa
normatività. E per la Chiesa diventa ancora più difficile spiegare
la differenza».
Il cardinale Walter Kasper, grande teologo cui
Francesco affidò la relazione introduttiva al Sinodo dell’anno
scorso, e punto di riferimento dell’anima più riformista, tira un
lungo sospiro: «Non sarà facile».
E perché, eminenza?
«Vede, io penso che il referendum irlandese sia emblematico della
situazione nella quale ci troviamo, non soltanto in Europa ma in
tutto l’Occidente. Guardare in faccia la realtà significa
riconoscere che la concezione postmoderna, per la quale è tutto
uguale, sta in contrasto con la dottrina della Chiesa. Non possiamo
accettare l’equiparazione col matrimonio. Ma è una realtà anche
il fatto che nella Chiesa irlandese molti fedeli abbiano votato a
favore, e ho l’impressione che negli altri Paesi europei il clima
sia simile».
E quindi, che farà la Chiesa?
«Si è taciuto
troppo, su questi temi. Adesso è il momento di discuterne».
Al
Sinodo di ottobre?
«Certo. Se il prossimo Sinodo vuole parlare
della famiglia secondo la concezione cristiana, deve dire qualcosa,
rispondere a questa sfida. L’ultima volta la questione è rimasta
marginale ma ora diventa centrale. Io non posso immaginare un
cambiamento fondamentale nella posizione della Chiesa. È chiara la
Genesi, è chiaro il Vangelo. Ma le formule tradizionali con le quali
abbiamo cercato di spiegare, evidentemente, non raggiungono più la
mente e il cuore della gente. Ora non si tratta di fare le barricate.
Dobbiamo piuttosto trovare un nuovo linguaggio per dire i fondamenti
dell’antropologia, l’uomo e la donna, l’amore...Un linguaggio
che sia comprensibile, soprattutto ai giovani».
All’ultimo
Sinodo il tema dell’«accoglienza» degli omosessuali è stato
controverso, ci sono stati contrasti tra le aperture europee e le
posizioni più chiuse di episcopati come quello africano.. .
«No,
non è che i vescovi europei e quelli africani la pensino
diversamente, la posizione della Chiesa è sempre la stessa. Quello
che differisce è il contesto, è la sensibilità della società,
diversa in Africa e in Europa. E in Europa le cose sono cambiate».
In che senso?
«Non è più il tempo in cui la posizione della
Chiesa su questi temi era più o meno supportata dalla comunità
civile. Negli ultimi decenni la Chiesa si è sforzata di dire che la
sessualità è una cosa buona, abbiamo voluto evitare un linguaggio
negativo che in passato aveva prevalso. Ma ora dobbiamo parlare anche
di che cosa sia la sessualità, della pari dignità e insieme della
diversità di uomo e donna nell’ordine della creazione, della
concezione dell’essere umano...».
A proposito di linguaggio, i
documenti della Chiesa sull’omosessualità usano espressioni come
«inclinazione oggettivamente disordinata...».
« Bisognerà
fare attenzione a non usare espressioni che possano suonare
offensive, senza peraltro dissimulare la verità. Dobbiamo superare
la discriminazione che ha una lunga tradizione nella nostra cultura.
Del resto è il catechismo a dire che non dobbiamo discriminare. Le
persone omosessuali devono essere accolte, hanno un posto nella vita
della Chiesa, appartengono alla Chiesa... ».
E le coppie
omosessuali? La Chiesa non può riconoscere anche a loro quell’idea
di «bene possibile» di cui si parlava a proposito di divorziati
risposati e nuove unioni ?
«Se c’è una unione stabile, degli
elementi di bene esistono senz’altro, li dobbiamo riconoscere. Però
non possiamo equiparare, questo no. La famiglia formata da uomo e
donna e aperta alla procreazione è la cellula fondamentale della
società, la sorgente di vita per il futuro. Non è un problema
interecclesiale, riguarda tutti, si devono valutare con la ragione e
il buon senso conseguenze enormi per la società: pensi alle
adozioni, al bene dei bambini, a pratiche come la maternità
surrogata, alle donne che tengono un bambino per nove mesi sotto il
loro cuore e magari vengono sfruttate perché povere, per qualche
soldo. Non bisogna discriminare ma nemmeno essere ingenui ».
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