CORRADO ZUNINO
La Repubblica 17 maggio 2015
Sono minoritari nel grande mare della
contestazione docente, sono determinati nel sostenere la Buona scuola
renziana. C’è un gruppo — minoritario, appunto, ma ostinato —
che via Twitter e Facebook sta cercando di bucare il video per
spiegare che il “no” alla riforma non rappresenta «la voce
unitaria e corale del mondo della scuola». Sarà prevalente, ma non
è la sola: «Noi siamo più defilati e meno rumorosi». La minoranza
ha scelto di mostrarsi e platealmente applaudire «le novità
didattiche che si trovano nel provvedimento del governo ». Quindi,
ha iniziato a far circolare il suo testo-manifesto, “A un passo
dalla giusta Riforma”.
I firmatari dell’articolo cardine
sono due insegnanti delle medie, quattro delle superiori e un preside
radunati attorno al gruppo Twitter #HubDocet, che ospita docenti
precari e di ruolo, nonché «numerose personalità della scena
culturale e politica in comunione d’intenti». Altri gruppi social
si radunano attorno a questo pensiero, e spesso sono solo categorie
di insegnanti che il disegno di legge assumerà a settimane:
“#gaeinruolo”, “Superamento immediato del precariato Gae della
scuola”, “Ora Basta!!! #vogliamosapere”, “#iononsciopero”,
“#ballespaziali” e, ancora, “#labuonascuola”.
I favorevoli smitizzano, in principio,
uno dei pensieri forti dei contestatori: «Noi abbiamo partecipato
sin dalle prime battute alla consultazione online, i detrattori
chiedono adesso un confronto, ma per mesi non hanno risposto
all’appello del governo». I “pro” hanno offerto contributi
intervenendo come singoli docenti, come scuole di appartenenza, come
partito politico di militanza e ora auspicano che il provvedimento
diventi legge «al più presto». Cos’è che, allora, piace del ddl
2294 ai docenti che non hanno scioperato il 5 maggio? Innanzitutto,
«rafforza la cultura della responsabilità, della valutazione, della
trasparenza e del merito». Poi realizza l’incompiuta autonomia
scolastica. Il primo imperativo categorico dell’istruzione, dicono,
è «cambiare l’impianto educativo alle radici superando il dominio
della trasmissione esclusiva e spostando l’accento
sull’apprendimento e le nuove metodologie».
Gli Hub docet, la comunità che
insegna, sostengono il Piano straordinario di assunzioni (101.701 in
ruolo) e i 3 miliardi messi in legge di stabilità, ma anche i poteri
del preside, «bilanciati con una valutazione rigorosa del suo
operato », e la formazione «finalmente obbligatoria ». Chi
continua a manifestare è «rivolto al passato e alla vocazione del
nulla cambi» in nome di un «immobilismo militante». I filo-riforma
non si risparmiano sul tema più conflittuale: le assunzioni. E
definiscono corretta e costituzionale «la scelta di non contemplare
nel piano la seconda e la terza fascia delle graduatorie di istituto,
da sempre destinate alle supplenze temporanee brevi». Per loro ci
sarà «l’esperienza del concorso 2015».
Tra gli animatori del pensiero
favorevole — che cita Jean Monnet ma anche Renato Brunetta — c’è
il professor Maurizio Nastasi, da 16 anni docente di Storia dell’arte
a Torino e provincia. Nei suoi tweet pubblica torte di sondaggi che
dicono che il sindacato non rappresenta più i lavoratori e gli
interventi della deputata renziana Simona Malpezzi. Nicola Morello è
docente, pianista, poeta. Fabrizio Toneatto scrive: «Chi racconta
balle sono quelli di seconda fascia che non vogliono far assumere i
meritevoli delle graduatorie a esaurimento». Vincenzo Terramagra
così si presenta: «Potete chiamarmi Professor Keating... Oh
Capitano! Mio Capitano!». Tutti dicono: «Il merito non è il
privilegio dei ricchi, ma la carta che hanno i poveri per
riscattarsi».
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