Corriere della Sera 14/05/15
Nando Pagnoncelli
Le prossime elezioni regionali stanno
oramai catalizzando l’attenzione di tutti gli osservatori.
Soprattutto dopo i risultati delle elezioni comunali in Trentino-Alto
Adige e Valle d’Aosta che hanno segnato un pesante arretramento di
Forza Italia. Come sempre elezioni locali e limitate assumono, nel
nostro Paese, una valenza nazionale.
Oggi ci occupiamo di due
regioni piuttosto interessanti: la Campania, dove il candidato del
Partito democratico, oltre a rischiare di non poter governare a causa
della legge Severino, ha visto il segretario nazionale definire
impresentabili alcuni candidati delle sue liste. E la Liguria dove si
accendono i fari sulla candidatura di Pastorino, fuoruscito dal Pd
dopo la clamorosa frattura che, in seguito a primarie contestate, ha
portato Sergio Cofferati ad abbandonare il partito .
I sondaggi
indicano tendenze, non sono oracoli. La recente débâcle in
Inghilterra, dove pure la storia dei sondaggi elettorali è molto più
lunga e solida della nostra e dove il comportamento elettorale è
almeno in parte meno complesso, devono suggerirci una decisa cautela.
Oggi molti elementi rendono difficili le stime, in particolare per le
Regionali alle porte. La partecipazione, che in questi casi è più
contenuta. L’incertezza, che è diffusa e porta non pochi elettori
a decidere il proprio voto a ridosso della domenica elettorale quando
non nello stesso giorno. L’elevata mobilità elettorale che ha
contraddistinto e continua a contraddistinguere i nostri connazionali
a partire dalle Politiche 2013. Cercheremo allora di cogliere le
tendenze principali che i numeri ci indicano .
Liguria
La
partita in questa regione sembra davvero aperta: la candidata del Pd,
Raffaella Paita, è stimata tra il 28% e il 31% dei voti validi,
insidiata da vicino da Giovanni Toti che oggi è stimato tra il 26% e
il 29% e quindi può competere per la vittoria. Le difficoltà di
Paita derivano innanzitutto dalla buona performance che fa registrare
la candidatura di Luca Pastorino, sostenuto dalla sinistra, con un
consenso potenziale tra il 10% e il 13%. I fenomeni che si
individuano sono almeno due: da un lato una crescita dell’appeal
elettorale del candidato di FI che sembra essere riuscito a
compattare il proprio schieramento superando le iniziali resistenze
di una parte degli elettori leghisti che non aveva apprezzato la
rinuncia del proprio candidato a favore di un berlusconiano doc come
Giovanni Toti. Dall’altro l’affanno della candidata pd che sta
faticando a tenere unito il proprio fronte e quindi a contenere le
uscite verso sinistra.
I risultati di Enrico Musso, poi,
accreditato dal 4% al 7%, sottraggono consensi a Toti, specularmente
a quanto avviene per Pastorino con Paita.
Accenniamo infine al
voto di lista. Con tutte le cautele, vediamo comunque che il voto di
lista per i due candidati principali è un po’ superiore rispetto
al voto per il candidato. Per Paita questo rappresenta un rischio:
significa che una parte degli elettori del Pd si esprime
contestualmente per Pastorino e potrebbe erodere ulteriormente i suoi
consensi, con il voto disgiunto. Per Toti questo rappresenta invece
un segnale di ricompattamento del fronte. Nel centrodestra il
sorpasso della Lega sembra nei fatti, ma non è una vera e propria
«asfaltatura» di Forza Italia che potrebbe mantenere i consensi,
certo già bassi, delle Europee.
Campania
Anche in questo caso
la partita è aperta, ma Vincenzo De Luca si posiziona in testa, pur
se con un margine che non dà ancora sicurezza del risultato. Sembra
quindi che le pur pesanti critiche che hanno investito il candidato
del Pd, per la tagliola della legge Severino e per la composizione
delle liste (che ha portato Saviano a dire che «Gomorra è nelle
liste di De Luca»), non abbiano avuto un forte impatto tra gli
elettori. Anche se un certo disagio sembra esprimersi a favore del
candidato del M5S Valeria Ciarambino, che ottiene un discreto
risultato e almeno in parte recupera voti anche da ex elettori pd che
non ritengono di votare per De Luca. Il governatore uscente si
colloca a ridosso del candidato pd, ma il suo risultato non è
tranquillizzante. Da un lato perché la valutazione del suo
quinquennio di governo non è confortante (oltre il 60% dà un
giudizio negativo del presidente della Regione, percentuale che
supera il 70% quando si tratta di valutare l’amministrazione).
Dall’altro la presenza di esponenti dell’area di centrodestra
nelle liste di De Luca ha probabilmente contribuito a spostare voti
da quell’area. In Campania è assai elevato il fenomeno del voto di
preferenza: nel 2010, secondo uno studio di Roberto D’Alimonte per
il Cise, il tasso di preferenze in Campania fu del 90,6% contro il
26,6% della Lombardia. Questo significa che conteranno molto le
ultime settimane di campagna elettorale che vedranno muoversi
massicciamente i candidati, ciò che potrebbe modificare anche in
maniera sostanziale gli orientamenti di voto. Nel caso della Campania
poi l’area «grigia» (elettori indecisi o astensionisti) è
estremamente elevata.
Per quel che riguarda le liste il Pd ha un
risultato inferiore alle Europee ma superiore a Politiche e
Regionali, mentre un buon consenso ottengono le liste collegate a De
Luca e in particolare quelle che usano il suo nome. In netta
difficoltà invece Forza Italia, che fa registrare un calo di circa
10 punti rispetto al voto europeo che era già il punto più basso
recentemente raggiunto. Anche se le liste collegate a Stefano Caldoro
ottengono risultati intorno al 10%, non riescono a colmare il gap
rispetto alle liste che sostengono l’avversario. Il M5S infine, pur
in contrazione, sembra ottenere risultati tutto sommato non
disprezzabili.
Una situazione quindi decisamente fluida in queste
due regioni, che possono veder anche cambiamenti importanti negli
ultimi giorni di campagna elettorale.
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