lunedì 18 maggio 2015

Il nascondino dei sindacati su scuola e trasporti.


Corriere della Sera 17/05/15
Dario Di Vico
Anche solo ventilare da parte di Cgil, Cisl e Uil il blocco degli scrutini di giugno è sembrata a molti una forte discontinuità con la storia del sindacalismo italiano e delle forme di lotta adottate tradizionalmente. E quindi purtroppo non deve sorprendere che i Cobas abbiano fatto propria quell’idea e anzi abbiano bruciato sul tempo la Triplice proclamando il blocco per giugno. Vuol dire che le barriere simbolico-culturali che separavano il sindacalismo confederale da quello estremista rischiano di cadere e, cosa ancor più grave, di farlo gettando nell’angoscia studenti e famiglie. 
 Qualcosa di simile sta succedendo anche nei trasporti pubblici. Sigle minoritarie come Cub e Usb indicono scioperi quasi sempre di venerdì e nella maggior parte dei casi inutili perché non sono al servizio di piattaforme rivendicative praticabili. Le dirigenze confederali non muovono un dito e paiono tutto sommato contente che le controparti prendano comunque uno schiaffo: capita così che alla fine scioperi anche una parte, seppur minoritaria, degli iscritti a Cgil, Cisl e Uil. Tanto comunque, specie nella metropolitana, bastano poche adesioni a far scoppiare il caos. 
 Se non ci fosse stata la precettazione da parte del prefetto di Milano venerdì scorso avremmo dovuto registrare una giornata nera nella città dell’Expo e un’ennesima figuraccia internazionale. Il problema si porrà di nuovo nel semestre dell’esposizione nonostante la moratoria degli scioperi sottoscritta, con evidente opportunismo, dalla Triplice. Di fronte a queste tattiche del conflitto e a un mutamento di cultura delle forme di lotta emerge l’inefficacia dell’ authority che dovrebbe raffreddare i conflitti e invece appare, nella migliore delle valutazioni, come una voce che parla nel deserto. Non ci sarebbe da stupirsi se in tempo di spending review a qualcuno venisse in mente addirittura di tagliarla. 
 Al di là del caso scrutini sono comunque due le considerazioni che vale la pena aggiungere. Il sindacalismo confederale, in primis la Cgil, sta mutando nel profondo: ripudia giustamente il collateralismo dei tempi d’oro ma non sembra averlo sostituito con una bussola altrettanto significativa. Procede per singhiozzi, campagne politiche, manifestazioni di intolleranza nei confronti della politica: tirando però una linea tra questi punti non ne viene fuori un cammino coerente e una proposta all’altezza dei problemi aperti. Quanto al governo si è riempito la bocca della «disintermediazione» usata come parola-talismano e si trova oggi a fronteggiare il blocco degli scrutini indetto dai Cobas di Piero Bernocchi, un attivista la cui longevità politica rivaleggia con quella Fidel Castro. Come è potuto accadere? Non sarà il caso di spremere le meningi ed elaborare una cultura politica dello spazio sociale che sappia coniugare innovazione e vero dialogo?

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