Corriere della Sera 27/05/15
Monica Guerzoni
Tre ore di psicodramma nel chiuso di
palazzo San Macuto e alle sette della sera la commissione Antimafia
si arrende. La presidente Rosy Bindi sospende i lavori e affida a una
nota la sua delusione per come si sono svolti i lavori. L’attività
di raccolta delle informazioni è stata «complessa», la verifica ha
presentato «difficoltà e limiti»... Eppure la blindatissima
riunione dell’ufficio di presidenza, finita con le grida della
Bindi che rimbalzavano nei corridoi del quarto piano, ha partorito i
primi nomi.
Sulla base del codice di autoregolamentazione
approvato all’unanimità dai partiti, la commissione Antimafia
mette dunque all’indice quattro esponenti della politica pugliese.
Ecco i nomi, anticipati ieri dal Corriere online. Fabio Ladisa è in
corsa con i Popolari per Emiliano e il candidato presidente chiede
che l’aspirante consigliere ritiri la candidatura. Giovanni
Copertino figura nella lista di Forza Italia, Poli Bortone
presidente. Massimiliano Oggiano gareggia per Schittulli nella lista
Oltre con Fitto. Ed Enzo Palmisano, di Area popolare, è nel
Movimento politico per Schittulli. Il quale smentisce di avere
«mostri» in lista e difende i suoi perché «entrambi assolti».
Il deputato cinquestelle Francesco D’Uva parla di «una dozzina di
nomi» in tutto. Se è vero che Liguria, Marche, Toscana e Veneto
possono vantare liste virtuose, a impantanare i lavori della
commissione è stata la Campania: la regione che schiera nelle sue
liste il maggior numero di candidati poco raccomandabili. Le carte
giudiziarie attese dalla prefettura di Napoli non sono arrivate in
tempo. O meglio, a quanto raccontano i membri dell’Antimafia, sono
arrivate solo per i politici del capoluogo e non per quelli delle
province. «Sciatteria di qualche organo periferico di governo»,
teme il senatore di Sel Peppe De Cristofaro. E poiché la Procura
nazionale Antimafia impiega quasi due giorni per passare al setaccio
le posizioni giudiziarie, la commissione è stata costretta a fermare
i lavori e rinviare l’annuncio.
I cinquestelle sono furiosi.
«Abbiamo assistito a una pantomima — attacca l’onorevole
Francesco D’Uva —. Gli unici a chiedere che venissero pubblicati
gli elenchi integrali degli impresentabili siamo stati noi e Claudio
Fava». E De Cristofaro ammonisce: «Se i nomi non fossero resi noti
entro venerdì sarebbe gravissimo e intollerabile». Sabato scatta il
silenzio e gli elettori hanno il diritto di sapere se in lista ci
sono condannati per reati di mafia.
La riunione — a porte
chiuse e telecamere interne spente, per ordine di Rosy Bindi — ha
visto momenti di forte tensione. La presidente «ha stigmatizzato la
violazione del segreto e sottolineato il venir meno delle regole di
correttezza e reciproca fiducia tra i membri dell’Ufficio di
presidenza». Chi ha soffiato i nomi nell’orecchio dei cronisti? E
perché? La presidente avrebbe voluto annunciarli tutti assieme e ha
dovuto faticare non poco per superare le resistenze di chi voleva
mettere tutto a tacere. «Ma insomma, come facciamo a uscire con soli
quattro nomi?» si sgolava la Bindi a porte chiuse, mentre i commessi
allontanavano bruscamente i cronisti.
Matteo Renzi è sollevato.
«Il Pd non ha impresentabili — è il commento del premier — le
liste saranno poi verificate dai cittadini, saranno loro a
scegliere». Il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, si
augura che l’elenco degli impresentabili non scateni polemiche: «È
giusto rendere nota la lista». Ma il presidente dell’Autorità
anticorruzione, Raffaele Cantone, non sembra dello stesso avviso:
«Capisco che la commissione Antimafia stia facendo un’operazione
meritoria, ma è una verità politica ed è sempre pericoloso dare
patenti di presentabilità».
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