giovedì 21 maggio 2015

«La Consulta non fa valutazioni economiche».


Corriere della Sera 21/05/15
Aldo Cazzullo 

Sei giudici erano per salvare la riforma delle pensioni, sei per bocciarla: lui era tra questi, il suo voto vale doppio, e così il governo ha dovuto varare un decreto e riscrivere la manovra che stava preparando. 
   «Ma noi non siamo un contropotere — argomenta Criscuolo seduto sotto il «Maggio» di Balla —. Siamo un organo di garanzia. I custodi della Costituzione. Con i governi ci possono essere difficoltà, conflittualità. Accadde pure a Roosevelt. Ricordo un libro di Singer, un capitolo si intitolava: “La Corte Suprema all’offensiva”. Non mi pare che in Italia siamo arrivati a tanto». Avete provocato un bello sconquasso. «Siamo chiamati a verificare la costituzionalità delle leggi. Se una legge è incostituzionale, non possiamo fermarci se la nostra decisione provoca delle spese». Delle spese? La sentenza ha aperto potenzialmente un buco nei conti dello Stato da 20 miliardi. «Non erano dati di cui noi disponevamo. E poi noi non facciamo valutazioni di carattere economico». Ma è giusto tutelare gli anziani a discapito dei giovani? Esistono davvero diritti acquisiti? «La definizione di diritti acquisiti, che non possono essere toccati, non è esatta. In Italia è possibile che una legge intervenga anche su situazioni già disciplinate in passato; purché lo faccia con criteri di razionalità». La norma sulle pensioni violava i criteri di razionalità? «A mio giudizio, violava il principio di ragionevolezza». 
 Nel suo libro Dentro la Corte , l’ex giudice Sabino Cassese la definisce Villa Arzilla. «In effetti — sorride il presidente Criscuolo — l’età media è un po’ alta. Per fortuna le donne la abbassano». Giuseppe Frigo ha ottant’anni, Paolo Grossi 82; Marta Cartabia 52, Silvana Sciarra 66. In ascensore incontriamo Giuliano Amato, non proprio di buon umore: «Facciamo una sentenza sulle pensioni, e subito ci attaccano per le nostre pensioni, i nostri stipendi. Io poi sono ormai un bersaglio fisso. Libero mi chiama “pappone”; ma lo stesso Libero aveva riconosciuto che io mi sono sospeso la pensione, e il Parlamento mi ha sospeso il vitalizio; prendo solo lo stipendio, di cui verso una parte in beneficenza. Già prima il vitalizio lo davo tutto a Sant’Egidio. E un “pappone” non è filantropo. A volte verrebbe voglia di emigrare in Nuova Zelanda». Stipendi a parte, voi della Corte sembrate ormai la vera opposizione. Replica Amato che le istituzioni hanno un’«elasticità naturale», come le fisarmoniche: se le altre sono deboli, è possibile che una si allarghi. «Ma noi non vogliamo sostituire il legislatore; siamo come il chirurgo che asporta il bubbone. Creiamo il vuoto, quando il pieno è incostituzionale. Spetta al governo e al Parlamento riempire quel vuoto». E il decreto del governo Renzi, che dà 500 euro ai pensionati più poveri e nulla sopra i tremila euro, riempie bene il vuoto? «Io questa sentenza non l’ho voluta — dice Amato —. Ma ora mi pare che il decreto rispetti la ratio : dare di più a chi ha meno. Ma di questo non posso parlare. Vada, vada dal presidente». 
 Per entrare dal presidente si passa dalla sala rossa, dove l’ex giudice Mattarella ha accolto la notizia dell’elezione sotto le Nozze di Cana del Tintoretto, e dalla sala verde, l’anticamera. Il decreto Renzi ha risolto tutto? «Credo ci sarà un contenzioso. Già se ne intravedono le tracce». Quanto ai tempi, «la Corte non interviene d’ufficio, ma solo quando viene investita della questione. Un anno e pochi mesi per decidere non mi pare un tempo così lungo». Avete creato un vuoto: con la legge elettorale non era accaduto. «Ma quella era un’eccezione. Scegliere i propri rappresentanti è un diritto inalienabile del cittadino: abbiamo dovuto fare in modo che dopo la sentenza restassero comunque norme applicabili in ogni momento». L’Italicum ha sanato i vizi di incostituzionalità del Porcellum? «Occorre una lunga analisi per farsi un’idea al riguardo. Non ne ho ancora avuto il tempo». 
 Delle polemiche il presidente sorride: ribadisce che la Corte non fa parte della casta; «questa non è Paperopoli». Ma quanto guadagna un giudice costituzionale? Il segretario generale, Carlo Visconti, anche lui napoletano, ex pm anticamorra («sono uno tra quelli che hanno fatto arrestare Sandokan»), dà mano alle carte: «Sono 360 mila euro lordi. Netti fanno molto meno: 12.618 euro al mese». Non sono pochi. «Ma i parlamentari guadagnano molto di più. E sono quasi mille. I giudici sono 15, anzi 13: aspettiamo i due indicati dalle Camere. Tra poco i posti vuoti saranno tre: a luglio va in pensione il giudice Napolitano. Sì, un caso di omonimia». I vostri colleghi della Corte Suprema americana guadagnano poco più di 200 mila dollari. «Ma pagano un’aliquota molto più bassa. Il netto più o meno è lo stesso. E poi sono in carica a vita. Noi qui stiamo facendo una spending review all’osso». All’osso? «All’osso. Lo Stato ci passa 52 milioni 700 mila euro, con cui dobbiamo pagare stipendi e pensioni pure al personale. L’anno scorso abbiamo restituito più di un milione e mezzo. I giudici si sono ridotti lo stipendio di 100 mila euro, più il contributo di solidarietà sulle pensioni. Abbiamo recuperato 500 mila euro dalle auto blu». I giudici emeriti ne hanno diritto per un solo anno, e solo per esigenze di servizio: l’altro giorno ha telefonato un emerito che voleva un passaggio per la stazione per i figli e la cognata, e gli hanno risposto di no. I giudici hanno il cellulare di servizio (Amato non l’ha voluto), non la carta di credito: ce l’hanno solo il segretario generale e il capo del cerimoniale, Maria Antonietta Biasella. E la foresteria? «Monacale». 
 «Non abbiamo rimborsi spese, se voglio invitare un collega straniero a pranzo, pago di tasca mia — dice Criscuolo —. E le assicuro che noi qui si lavora moltissimo». Ma in giro non si vede un giudice. «Ci si riunisce una settimana sì, una settimana no. Questa è la settimana no». Cioè? «Una settimana si tengono udienza pubblica e camera di consiglio, nell’altra settimana si scrivono le motivazioni e si preparano le cause: 20-25 ogni volta. I giudici possono anche lavorare da casa. Non si ha idea di quante e di quali questioni veniamo investiti. Dalla caccia alle guide turistiche. Ogni volta il calendario venatorio è fonte di controversie. Ma nessuna causa è minore. Tutte riguardano la vita delle persone». 
 Il palazzo della Consulta, disegnato dal Fuga, l’architetto delle facciate delle basiliche romane, ha ospitato il tribunale del Papa, poi con i Savoia il principe ereditario, il ministero degli Esteri, quello delle Colonie. L’aula delle udienze pare un teatrino settecentesco, con lo scranno più alto per il presidente, le poltrone per i giudici e un tavolino basso per l’avvocato dello Stato, la malcapitata Giustina Noviello, oggetto di varie contumelie. Un ascensore porta al salone del Belvedere, il punto più alto di Roma, insieme con il Torrino del Quirinale. Criscuolo rievoca gli anni in cui era a capo dell’associazione magistrati: «Con il governo Craxi ci furono scontri duri, sulle retribuzioni, sulla legge Vassalli sulla responsabilità dei giudici. Ma non c’era la cattiveria che c’è oggi. Spero davvero che tra politica e magistratura il clima si svelenisca». A proposito, com’è la nuova legge sulla responsabilità civile? «Le leggi si giudicano in corso d’opera, a seconda dei risultati. Ma non me ne faccia parlare: è appena arrivata l’eccezione di incostituzionalità». Non pensa che la Corte incarni oggi il simbolo di quelle burocrazie che Renzi considera il grande nemico? Siete voi la vera opposizione? «Io giudico la costituzionalità delle leggi. Non posso mica giudicare il presidente del Consiglio...».

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