Corriere della Sera 19/04/15
Tommaso Labbate
«Allora, Remigio? Che cosa pensi di
fare?». «No, Denis, io rimango dove sono». «Sei alla terza
legislatura, Remigio. Sei sicuro che ti convenga rimanere dentro
Forza Italia?». «Sì, Denis, da qui non mi muovo».
In ordine
di tempo, l’ultimo a essere contattato — a sentire il resoconto
della telefonata che il diretto interessato ha fatto ad alcuni
colleghi — è stato il senatore Remigio Ceroni, entrato in
Parlamento nel 2006 e a tutt’oggi coordinatore di Forza Italia
nelle Marche. Dall’altro capo del telefono c’è Denis Verdini.
Che, dopo l’ultimo scontro con Silvio Berlusconi dell’altro
giorno, avrebbe intensificato il pressing su alcuni colleghi per
sottoporgli l’ipotesi di lasciare la «casa del padre» e
trasferirsi armi e bagagli. Dove? In gruppi parlamentari nuovi di
zecca, fatti da fuoriusciti di Forza Italia. Che, all’indomani
delle Regionali e in occasione della terza lettura della riforma
della Costituzione, potrebbero nascere lontano dai berlusconiani e
crescere all’interno della maggioranza di governo.
Le carte
del divorzio sono ormai pronte. E il fatto che Verdini sia pronto a
un’uscita da Forza Italia è comprovato da una lunga serie di
piccoli episodi che sembrano più «solidi» delle smentite di
circostanza. Tra questi, oltre alle telefonate a parlamentari come
Ceroni, merita una menzione speciale la «rottura politica» tra il
senatore toscano e la sua grande amica Daniela Santanché. Che
sarebbe avvenuta, giurano amici comuni, proprio nelle ultime
settimane e proprio sulla scelta di abbandonare o meno Forza
Italia.
Di fronte all’insistenza dell’ex plenipotenziario
berlusconiano, che forse ne avrebbe volentieri fatto la «frontwoman»
da mandare in tv dei nuovi gruppi parlamentari, la Pitonessa ha
risposto con un secco no. «Io sono un paracarro e non lascerò mai
Berlusconi», è stato il ragionamento opposto dalla Santanché di
fronte alle insistenze di Verdini. Un ragionamento che la
deputata-imprenditrice, sapendo ovviamente che il punto di approdo di
questi famosi gruppi sarebbe la maggioranza di governo, ha corredato
con un definitivo «io con Renzi e Alfano non andrò mai e poi mai».
Fine della storia? Tutt’altro. Almeno a prendere per buona la
storiella che circola da giorni dentro Forza Italia, secondo cui la
Santanché — dopo gli attacchi a Renzi sferrati giorni fa in
televisione al programma Linea Notte — si sarebbe ritrovata
bersagliata da sms di verdiniani stizziti, compreso uno spedito da
«Denis» in persona.
Come ogni progetto che si rispetti, anche
quello di Verdini di creare i suoi gruppi parlamentari «a sostegno
delle riforme di Renzi» è corredato da nomi e date. Alla Camera il
senatore toscano conta, tanto per cominciare, su un numero di
deputati che varia dalle dieci alle quindici unità. Tra questi i
fedelissimi, da Luca d’Alessandro a Gregorio Fontana, da Ignazio
Abrignani a Massimo Parisi. A cui si aggregherebbero una serie di new
entry che rispondono ai nomi di Giorgio Lainati, Monica Faenzi e,
soprattutto, Gigino Cesaro. Tutti parlamentari con più di tre
mandati sul groppone, tutte possibili «vittime» della rottamazione
berlusconiana. A questi va aggiunto senz’altro il proprietario di
cliniche (ed editore di Libero ) Antonio Angelucci, che negli ultimi
giorni avrebbe provato a sondare Berlusconi sull’ipotesi di
riavvolgere il nastro degli ultimi mesi e di tornare al Patto del
Nazareno con Renzi. Ricavandone, in cambio, un secco «no, questa
cosa non esiste, non torno indietro».
E a Palazzo Madama? I
verdiniani sostengono che «ci sarebbero già quindici parlamentari
pronti a lasciare Forza Italia per venire con noi». Ma il numero,
secondo loro, potrebbe essere rivisto al rialzo. Perché? Per lo
stesso motivo di cui Verdini avrebbe parlato al telefono con Ceroni.
I senatori forzisti hanno fatto quasi tutti più di tre legislature.
Sono le «vittime annunciate» (virgolette d’obbligo) della
tagliola rottamatrice che Arcore farà scattare dopo le Regionali. E
potrebbero essere interessate, più degli altri, a far parte di un
gruppo «responsabile» che allunghi il tempo della legislatura.
Magari garantendola fino al 2018 .
Nessun commento:
Posta un commento