Corriere della Sera 12/04/15
Francesca Basso
«Abbiamo messo in vetrina la nostra
proposta di aggregazioni territoriali. A2A è quella che ha meno
fretta di tutti e nel piano industriale non ne ha previste. Ma da
studioso dico che non coglierla sarebbe un’occasione storica
sprecata (la legge di Stabilità prevede nel 2015 incentivi ai Comuni
per le aggregazioni delle partecipate, ndr ). In Lombardia ci sono
molte aziende sane che alleandosi con noi potrebbero andare a creare
un colosso industriale molto competitivo in Italia, non solo nel
Nord. Non vogliamo però forzare nessuno». Il presidente di A2A,
Giovanni Valotti, ha le idee chiare sul futuro della multiutility
lombarda, che ha come soci di maggioranza i Comuni di Milano e
Brescia. Idee condivise con l’amministratore delegato Valerio
Camerano: «Lavoriamo in piena sintonia». Non fanno i nomi, ma si sa
che nel mirino di A2A ci sono le utility Acsm-Agam di Como e Monza,
la brianzola Gelsia e Linea Group di Cremona, Rovato, Lodi, Pavia e
Crema, corteggiata pare anche da Iren. La Lombardia è però solo il
punto di partenza.
A2A è a una svolta, cominciata già un anno
fa con la decisione dei soci di maggioranza di adottare una
governance tradizionale, superando il sistema dualistico espressione
della doppia anima dell’azienda nata dalla fusione tra la milanese
Aem e la bresciana Asm. I nuovi vertici fanno della coesione un punto
di forza e d’orgoglio. Insieme ragionano con il «Corriere» sul
futuro dell’azienda e sulle potenzialità sprigionate dal piano
industriale 2015-2019, che delinea la nuova società. «Il gruppo
segue la trasformazione del mercato dell’energia – osserva
Camerano – restando un player importante nel nuovo scenario:
abbiamo deciso di ridurre il parco produttivo termoelettrico, che sta
vivendo una crisi industriale strutturale e richiede rapidità di
azione, mantenendo però i grandi impianti più flessibili e nel
contempo abbiamo previsto 2 miliardi di investimenti, di cui un 60%
in un settore dove siamo già tra i leader come quello dell’ambiente
e delle reti, per arrivare a proporre A2A come fornitore di soluzioni
ambientali anche in quelle regioni in cui ci sono deficit strutturali
evidenti. Inoltre grazie alla molteplicità di servizi che siamo in
grado di offrire (dall’illuminazione pubblica, al trattamento dei
rifiuti, all’acqua e al teleriscaldamento) possiamo partecipare
allo sviluppo futuro della cosiddetta smart city. Abbiamo già delle
sperimentazioni in corso in alcuni quartieri di Milano».
Il
mercato venerdì ha apprezzato il nuovo piano (il titolo ha chiuso
sopra l’euro guadagnando l’1,05%) ed è in attesa di vedere gli
sviluppi legati all’ipotesi circolata nei giorni scorsi di un
possibile ingresso della Cassa depositi e prestiti, attraverso il
Fondo strategico italiano. «Se fossi il Fondo strategico italiano
avrei voluto vedere il piano industriale di A2A prima di decidere un
eventuale coinvolgimento – osserva Valotti –. E considerato il
nostro piano, non escludo che altri investitori possano avere un
interesse verso di noi. Certamente il Fondo è uno dei candidati
naturali, in più occasioni ha mostrato disponibilità verso il mondo
delle utility». Resta chiaro però che «eventuali aumenti di
capitale o ingressi di nuovi soci nell’azienda saranno solo
giustificati dal sostegno di operazioni industriali e che il
controllo della società resterà pubblico».
Valotti e Camerano
considerano il piano industriale «ambizioso ma molto realistico e di
discontinuità». A cominciare dalla decisione di creare una genco
del gas in cui far confluire tutti gli impianti di generazione a
ciclo combinato, su cui l’azienda aveva molto puntato ai tempi di
Edipower. «Di certo non va chiamata bad company – spiega Camerano
–. Le centrali a gas opportunamente ammodernate avranno un ruolo
fondamentale in un sistema sempre più imprevedibile e intermittente
caratterizzato dalla crescita delle rinnovabili. Come operatori
chiediamo che il sistema stabilisca con chiarezza le regole di
funzionamento del mercato per indirizzare i nostri investimenti, e
preveda una remunerazione per il servizio svolto. Bisogna anche tener
presente che il parco centrali a gas italiano è unico in Europa,
potremmo farne un punto di forza: il nostro sistema industriale
troverà un alleato importante in un sistema gas razionalizzato ma
competitivo. In questa logica è naturale che ci si confronti con
partner simili come Sorgenia o la ex E.On».
Il piano prevede un
incremento del margine operativo lordo del 30% al 2019 e un raddoppio
del dividendo. Annunci che con un mercato dell’energia come
l’attuale possono sembrare rischiosi. «Il piano si sviluppa in 5
anni – spiega Camerano –. A2A ha un portafoglio equilibrato con
cinque divisioni. Abbiamo previsto un taglio incisivo dei costi
operativi di gestione e del costo del parco elettrico e una ripresa
degli investimenti in alcuni settori chiave. Inoltre abbiamo
identificato nove progetti non inclusi nel piano che consentiranno di
mitigare eventuali rallentamenti di avanzamento su alcune aree del
piano industriale». Quanto al dividendo, Valotti sottolinea che non
è cambiata la politica adottata dall’azienda, che prevede «un
payout al 60%», ma il raddoppio «è una conseguenza dei numeri del
piano: aumentano gli utili prodotti e quindi li restituiamo agli
azionisti». Le strategie industriali sono state definite, ora si
tratta di vedere le prossime mosse della Cdp.
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