Corriere della Sera 23/04/15
Alessandro Tirocino
«Sì, mi ha messo in lista Bersani. Ma
le regole di ingaggio erano chiare: io sono leale ma indipendente, in
questo caso ho fatto una scelta di buon senso. E spero che anche Pier
Luigi dimostri senso di responsabilità». Giampaolo Galli, ex
direttore generale di Confindustria, è uno dei dieci deputati del Pd
chiamati a subentrare in Commissione agli esponenti della minoranza
contrari a questa legge elettorale.
La minoranza considera grave
questa sostituzione.
«Veramente questa ipotesi l’aveva offerta
da tempo, come via di uscita, lo stesso Cuperlo. E poi l’alternativa
sarebbe tornare a una situazione politico-istituzionale grave,
drammatica. Provi a immaginare cosa succederebbe se si votasse con il
Consultellum: è possibile che né Pd né FI avrebbero la maggioranza
e sarebbero costretti a imbarcare pezzi di Lega o di Fratelli
d’Italia. Ci sarebbero effetti sulla ripresa, sullo spread. La
tenuta sociale dell’Italia sarebbe a rischio».
Era proprio
necessaria questa sostituzione?
«Ha reso più semplice alla
minoranza mantenere le proprie posizioni».
Quindi Renzi avrebbe
fatto un favore alla minoranza?
«Non voglio mettere le parole in
bocca a Renzi. Ma io mi sento di dire che il grosso della minoranza,
a cominciare da Bersani, sa cos’è la responsabilità verso la
nazione. Lo ha praticato per anni, sostenendo Monti, la riforma
Fornero e il pareggio di bilancio. Tutte cose che non erano nelle
corde della sinistra. Mi stupirei se venissero meno quella
ragionevolezza e il senso di responsabilità».
Ha parlato con
Bersani?
«In questi giorni no, ma prima spesso. E l’ho implorato
di essere un elemento di moderazione, non di tensione. Non posso
pensare che persone di questa levatura morale e politica accelerino
la crisi».
Una parte del Pd accusa Renzi di
autoritarismo.
«Invece sono colpito dall’intensità del dialogo
che intrattiene con il gruppo. Ma il dialogo non esclude
determinazione. Ricordiamoci che anche le riforme facevano parte di
impegni con l’Europa».
Renzi non ha troppa fretta?
«La
maggior parte dei commentatori, compreso Draghi, tendono a dire che
andiamo troppo piano. Renzi ha ragione ad accelerare».
Altri ci
hanno provato.
«Ho un’enorme stima per Letta, ma abbiamo visto
che non ce l’ha fatta. Certo, allora c’era una maggioranza più
complessa. Persino Monti si arenò nei primi mesi. Per farcela ci
vuole una marcia in più. E Renzi ce l’ha».
La minoranza non
sopporta questa legge o Renzi?
«Molti vogliono indebolire Renzi. È
la vecchia idea: nessuno deve governare così governiamo tutti. Io
vengo dal mondo dell’impresa e non l’accetto. Non sono esperto di
storia della sinistra, ma Renzi ha portato a conclusione un
cambiamento dentro la sinistra che i socialdemocratici tedeschi hanno
fatto qualche decennio fa. Una rottura radicale con il
passato».
Qualcuno dice una rottura con la sinistra.
«L’hanno
detto, a torto, anche di Schröder, Blair e Clinton. Renzi ha fatto
molte cose per l’equità sociale».
Lei si definisce di
sinistra?
«No, farei fatica a definirmi tale. Ho aderito perché
vedevo e vedo nel Pd un senso di responsabilità verso il Paese che
non vedo negli altri partiti. È il partito di Prodi,
dell’europeismo, il partito che ha sostenuto Monti, il partito del
risanamento dei conti con Ciampi».
La legge elettorale le
piace?
«Io l’avrei fatta diversamente. Non sopporto le
preferenze: sono il peggio del peggio, una delle degenerazioni della
Prima Repubblica. E avrei preferito una soglia per ballottaggio al 50
per cento. Ognuno ha la sua legge, ma una legge serve».
È
fiducioso?
«Quando mi chiamano gli investitori, gli dico che la
mia previsione da economista sui fatti politici è che passeranno
Italicum e riforma costituzionale, magari con qualche cambiamento.
L’alternativa sarebbe il disastro. Non credo che lo vogliano
neanche Lega e Forza Italia, figuriamoci la minoranza del Pd. Anche
per questo si drammatizza e si fa teatro. Ma alla fine il senso di
responsabilità prevarrà».
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