Corriere della Sera 09/04/15
Mario Sensini
«Le due parole chiave per i
prossimi mesi sono: meno tasse e più lavoro». Il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, assicura che la spesa sociale non
solo non verrà toccata «ma andrà difesa e rafforzata», e conferma
che gli aumenti dell’Iva previsti dal 2016 saranno cancellati.
Probabilmente senza neanche ricorrere a tagli pesanti della spesa
pubblica. Il Documento di economia e finanza, che sarà varato domani
dall’esecutivo, annuncia una nuova tornata di revisione della spesa
da 10 miliardi l’anno, un obiettivo ambizioso a regime, ma
difficilissimo da realizzare nel 2016. Anche se per il prossimo anno,
considerati i buoni margini che si sono creati nel bilancio pubblico,
non ci sarà probabilmente bisogno di affondare troppo il coltello.
Tanto più che anche i tagli, e non solo le tasse, portano via
decimali preziosi per la crescita, la priorità del governo.
Nel
2016 bisognerà scongiurare un primo aumento dell’Iva da cui sono
attesi 16 miliardi di maggiori entrate, già a bilancio. Buona parte
della copertura, circa un terzo, arriverà dalla minor spesa per gli
interessi sui titoli pubblici. Nel 2015 si sono risparmiati 5
miliardi di euro, che per il 2016 potrebbero salire a 6 miliardi. Nel
2016, poi, il governo prevede di lasciar scivolare il deficit
pubblico dall’1,4% del prodotto interno lordo, cui scenderebbe
naturalmente senza fare niente, all’1,8% del Pil. Può farlo
sfruttando la regola europea che consente di allontanarsi dal
percorso concordato per il pareggio di bilancio se vengono attuate le
riforme strutturali (che costano, ed altrimenti sarebbero
disincentivate).
Tradotto in soldoni sono 7 miliardi di euro di
maggior deficit che potranno dunque servire anche a «coprire» un
altro pezzetto dell’incremento dell’Iva che si vorrebbe evitare.
Per scongiurare tutto l’aumento dell’Iva basterebbe, oltre alla
minor spesa per interessi e al maggior deficit, un taglio alla spesa
pubblica di 3-4 miliardi di euro. Senz’altro più realistico, e
decisamente meno traumatico per l’economia, della sforbiciata da 10
miliardi che per il momento è indicata nelle carte del governo.
Tra
le misure figurerebbe un «tagliando annuale» per gli sconti
fiscali: un rapporto annuale sulle detrazioni, per «identificare»
quelle «non giustificate» o che sono una duplicazione per
«eliminarle o riformarle», salvandone alcune, come quelle per
carichi familiari.
Nel 2017 è previsto un nuovo scatto dell’Iva
per ulteriori 7 miliardi di euro (con i 16 dell’anno prima si
arriva a 23). Ma anche nel 2017 il governo ha previsto di fare un
deficit più alto di quello tendenziale. A politiche invariate il
disavanzo scenderebbe infatti allo 0,2% del Pil (in pratica avremmo
raggiunto il pareggio di bilancio), ma l’obiettivo è stato portato
allo 0,8%, spostando il pareggio all’anno successivo. Così facendo
il governo potrà recuperare quasi 10 miliardi di euro, con i quali
manovrare. Mentre la spending review , con un anno in più di
rodaggio nelle gambe, potrebbe puntare ad obiettivi più
ambiziosi.
I margini di manovra offerti da un deficit che, dopo
anni di manovre «lacrime e sangue», comincia a ridursi per via
naturale, si avvertiranno già quest’anno. Il deficit pubblico sta
scendendo verso il 2,5% del Pil, a fronte di un obiettivo del 2,6%
concordato con la Ue e che il governo manterrà. Anche nel 2015, si
potrà dunque fare qualche operazione in deficit (il margine è di
1,6 miliardi) in aggiunta agli interventi già previsti. Senza
contare che, sui conti di quest’anno, potrà incidere positivamente
anche il gettito della voluntary disclosure sui capitali all’estero
che potrebbe incassare qualche miliardo. Soldi una tantum, ma sempre
spendibili. Anche per limitare, ridurre o rimodulare i tagli alla
spesa già previsti negli anni passati ma ancora da realizzare. Come
quelli a carico degli enti locali che, temendo un’altra sforbiciata
ai trasferimenti, oggi incontreranno il premier.
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