FRANCESCO BEI
La Repubblica 12 aprile 2015
Graziano Delrio Il successore di Lupi
alle Infrastrutture dopo lo scandalo Incalza annuncia una inversione
di rotta “Finirla con le procedure speciali e le varianti in corso
d’opera, stop ai General contractor. Si torna all’ordinario con
regole semplici e europee e con la trasparenza: tutto sarà messo
online”
Con quello spolverino e la bicicletta,
il mezzo scelto per il debutto a Porta Pia come successore di Lupi,
sembrava il pesciolino Nemo che andava a farsi una bella nuotata
nella piscina degli squali. Sapeva tuttavia che prendere in mano un
ministero travolto dagli scandali e colpito dai Pm nella sua catena
di comando non sarebbe stata routine. E infatti, dopo pochi giorni da
titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio da Reggio Emilia,
annuncia la sua «rivoluzione della normalità»: basta con il «mito
delle grandi opere», basta con le procedure d’emergenza e le
varianti in corso d’opera, basta con i General contractor che
nominano i direttori dei lavori. «Si torna all’ordinario, alle
regole semplici, europee. E faremo tutto ascoltando prima i cittadini
e informandoli passo passo». Lo chiama “Open-cantieri” e
significa che tutto sarà messo online.
Lei arriva a Porta Pia sulla scia dello
scandalo Incalza-Perotti che ha costretto il suo predecessore a
dimettersi. Che “clima” si respira nei corridoi? Si sentono sotto
assedio?
«Tenga presente che fino a ieri molto,
moltissimo, di quello che passava di qua era sotto la responsabilità
della struttura tecnica di missione. Essendo stata decapitata, ora mi
sembra di percepire un senso di… smarrimento. Per questo, da parte
mia, ho cercato di dare subito un indirizzo chiaro».
Così le grandi opere di Lupi da 51
sono state ridotte a 25…
«È un’indicazione di marcia: diciamo
al paese e all’Europa quali sono le opere che riteniamo strategiche
e quando saranno completate. Ma attenzione, anche quell’elenco non
va mitizzato. Perché fino a ieri stare o non stare nella tabella
della legge obiettivo significava poter avere i soldi o vedere i
cantieri fermi. Un approccio del tutto sbagliato. Noi con il nostro
piano triennale vogliamo portare avanti tutte le opere. Le uniche
Grandi opere sono quelle utili, che possono essere anche riparare una
scuola o mettere in sicurezza il costone di una montagna ».
È la dichiarazione di fallimento della
faraonica operazione legge Obiettivo inventata da Berlusconi e
Lunardi. Tanti miliardi, tanta corruzione, zero opere…
«Focalizzarsi sulle grandi opere ci ha portato in 14 anni di legge
Obiettivo a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23,
appena l’8 per cento. La montagna ha partorito il topolino e ha
anche generato meccanismi opachi come quello del General contractor».
Eppure tutti gli economisti sostengono
che sia necessaria una ripresa degli investimenti anche nelle
infrastrutture per aumentare la produttività e la crescita italiana.
Come se ne esce?
«Renzi, quando ha deciso che questa
cosa dovessi prenderla in mano io, mi ha detto che la nostra priorità
deve essere la crescita. Un obiettivo che passa anche dalla capacità
di mandare avanti i cantieri. Ma il tema vero è uscire dalla logica
delle emergenze, delle procedure straordinarie, e rientrare nella
normalità. Ecco, la nostra sarà una rivoluzione delle normalità:
procedure europee, regole semplici sugli appalti, programmazione,
coinvolgimento dei territori».
E via la struttura di missione?
«Per il momento è sospesa. Stiamo
valutando se prorogare i contratti. Può essere utile per spingere di
più, come coordinamento. Ma la nostra strada è un’altra, con noi
finisce l’era delle grandi opere e si torna a una concezione
moderna. Dove le opere sono anche la lotta al dissesto idrogeologico,
la mobilità urbana, le scuole».
E la corruzione magicamente sparirà?
«Ne ho parlato con Raffaele Cantone e
siamo d’accordo che bisogna anzitutto lavorare nell’ordinarietà
e nella semplicità. Perché i meccanismi corruttivi sono più
semplici con procedure d’emergenza, commissari, regolette e
codicilli, varianti in corso d’opera».
Molto bello, opera magna. Ma il nuovo
codice degli appalti è ancora in discussione al Senato, poi ci sarà
la Camera poi dovranno arrivare i decreti delegati. Campa cavallo…
«Valuteremo infatti se su alcune
questioni - come ad esempio i General contractor che scelgono i
direttori dei lavori o le varianti d’opera che fanno sfondare i
costi su fino al 40% - non sia opportuno anticipare la nostra
rivoluzione in un decreto legge».
Intanto nel paese che ha costruito la
Cupola del Brunelleschi bisogna farsi il segno della croce quando si
attraversa un viadotto. Possibile che all’Anas non cambi nulla?
Eppure Renzi aveva promesso un «repulisti» a partire dal vertice…
«Che dentro le strutture un ricambio faccia sempre bene è fuori
discussione. A questo governo si può imputare tutto tranne la
timidezza nell’affrontare il cambiamento. Quando arriverà il
momento dei rinnovi valuteremo ».
Lei è un alto papavero del Pd
emiliano. E nel suo partito, dopo lo scandalo della Coop Cpl
Concordia, si è aperta una diatriba tra dirigenti e amministratori
sull’opportunità di restituire i contributi (leciti) ricevuti. Lei
cosa farebbe?
«Non vedo nessun obbligo o automatismo
perché il finanziamento privato alla politica esiste in tutta Europa
e noi abbiamo abolito quello pubblico. Certo, se uno scopre a
posteriori di aver ricevuto un contributo da una ditta della Camorra,
mi sembra il minimo che restituisca. La Concordia è una delle più
grandi e antiche cooperative emiliane. Chi poteva immaginare? Ma
proprio per rispetto alla storia della cooperazione va fatta piena
luce».
Delrio ieri a Roma i sindacati sono
scesi in piazza contro il caos province, i dipendenti ancora non
sanno che fine faranno. Le sembra normale?
«No, ma non è vero che c’è il caos
e non è vero che non ci siamo mossi. Anzi noi, cioè lo Stato
centrale, ha già fatto quello che doveva fare, ovvero individuare
quelle competenze che devono restare alle province. Il problema è
che molte regioni l’hanno presa con rilassatezza e non hanno fatto
quel che era stato loro richiesto. Io non ci sto a prendermi le colpe
di altri. E non mi vengano a dire che i tempi erano troppo stretti,
visto che la Toscana ha già stabilito cosa far fare alle sue
province. Segno che era possibile farlo. Ora per fortuna con il
presidente Chiamparino la questione è stata presa a cuore e ho
fiducia che sveglieranno chi si era addormentato».
Venerdì avete approvato il Def. Questo
tesoretto da 1,6 miliardi lei dove lo metterebbe?
«Non ci casco! Il presidente del
Consiglio ha detto che ne discuteremo collegialmente e così sarà.
Posso solo dire che il nostro core business è l’occupazione e la
crescita. Abbiamo l’ossessione di far lavorare sempre più
persone».
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