Corriere della Sera 16/04/15
Maria Teresa Meli
Matteo Renzi non ha voluto concedere
niente alla minoranza del Partito democratico. E ha detto
ripetutamente «no», ieri, anche all’ultima richiesta degli
oppositori interni: quella di non votare nell’assemblea serale del
gruppo. Glielo hanno domandato in molti, a cominciare da Gianni
Cuperlo, che nel pomeriggio è andato a Palazzo Chigi per
vederlo.
Ecco la motivazione ufficiale fornita al premier?
L’Italicum arriverà in Aula tra parecchi giorni, perché andare
alla conta adesso? La verità è che l’area riformista è spaccata
e sapeva bene che i cento «no» alla riforma elettorale erano
propaganda: non c’è un pezzo di carta con quelle firme nero su
bianco e non è un caso se nessuno lo ha mai fatto vedere ai
giornalisti. I contrari sono in realtà una sessantina. E di questi
solo una piccola parte voleva votare contro in assemblea. Di qui il
tentativo di far cambiare idea al segretario. Che se ne è guardato
bene: «Si vota. E loro con questa richiesta tardiva fanno un po’
ridere, rischiano una figuraccia». Cosa che, a dire il vero, pensa
anche qualche esponente della minoranza: «Non siamo degli arditi»,
sussurra ironico Cesare Damiano a un amico.
Ma il premier non
vuole infierire. È vero che, come ama dire, preferisce «l’arroganza
alla mancanza di ambizioni», però ha portato a casa il risultato e
questo gli basta. Ha gestito lui l’assemblea decidendo anche
l’ordine degli interventi e impedendo al capogruppo del Pd Roberto
Speranza di aprire i lavori. Ha vinto anche un’altra partita
importante, perché ha l’avallo del presidente della Repubblica.
Sergio Mattarella lo copre per quel che riguarda l’iter veloce
dell’Italicum.
Non solo: dal Quirinale si fa anche sapere che
il dibattito sull’utilizzo o meno dello strumento fiducia da parte
del governo in materia di riforma elettorale non riguarda le
prerogative del Colle.
Insomma, Renzi non aveva motivo alcuno
per frenare e, tanto meno, per fermarsi, anche perché ha più volte
pubblicamente promesso che intendere mandare in porto questo ddl
prima delle elezioni regionali. Ma non è soltanto questo il motivo
che lo ha spinto ad andare avanti e a non soddisfare le richieste
della minoranza che sperava di rimandare tutto. C’è un’altra
ragione, ancora più importante che ha spinto Matteo Renzi a non
indietreggiare di un millimetro e, anzi, ad accelerare. Lo ha
spiegato lo stesso presidente del Consiglio facendo il punto con i
suoi: «La posta in gioco con l’Italicum non è solo la legge
elettorale in sé. In questa polemica che si è aperta con la nostra
minoranza interna e con le opposizioni c’è in gioco ben di più:
il bipolarismo. Noi vogliamo un cambio di sistema, vogliamo
l’innovazione e non vogliamo fare un passo indietro sul
bipolarismo, anzi vogliamo fare dei passi avanti, perché, come
sapete, per me, bipolarismo significa bipartitismo».
Dunque,
secondo il presidente del Consiglio, « ciò che si vuole rimettere
in discussione, criticando questa legge elettorale, attaccandola e
cercando di fermarla, non sono le preferenze, non sono i capilista
bloccati, no, niente di tutto questo. Quello che si vuole bloccare è
il bipolarismo e la sua evoluzione»: «Siamo sempre alle solite —
ha spiegato Renzi ai suoi — contro di noi, dall’altra parte, ci
sono i conservatori che tentano in tutti i modi di non farci andare
avanti con le riforme. Ma noi rimaniamo sempre dello stesso parere:
ha un senso che questa legislatura continui solo se fa le riforme, e
noi vogliamo farle».
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