Corriere della Sera 21/04/15
Fiorella Sarzanini
Scafisti libici come i pirati somali.
L’Unione Europea si mostra disponibile ad accogliere le richieste
presentate dall’Italia e contro i trafficanti di uomini decide di
colpire le postazioni e distruggere le barche utilizzate per
trasportare i migranti. Il modello è quello dell’operazione
«Atalanta» varata nel 2008 e rifinanziata nel novembre scorso. In
attesa di un via libera dell’Onu all’intervento che consenta di
svolgere operazioni di polizia sul suolo libico, i ministri degli
Esteri e dell’Interno scelgono comunque di intervenire. La «linea
dura» dovrà essere confermata durante il vertice straordinario di
giovedì, ma l’intesa appare raggiunta e l’assenso da parte di
alcuni Paesi ad accogliere una parte dei profughi, sia pur minima,
dimostra che qualcosa effettivamente potrebbe cambiare nella politica
comunitaria. Anche perché per il governo di Roma sono proprio queste
le condizioni non negoziabili per tentare di governare il flusso di
stranieri che certamente continueranno ad arrivare sulle nostre
coste.
Modello Somalia
Lo schema dovrà essere messo a punto
dai vertici militari, l’ipotesi rimanda a quello già sperimentato
in Somalia, anche se dovranno essere rimodulati gli interventi. La
missione avviata sette anni fa e tuttora attiva nel Golfo di Aden e
nell’Oceano Indiano, si svolge infatti in sintonia con il governo
di Mogadiscio, mentre al momento appare impossibile trovare
interlocutori in Libia. Dunque si procederà utilizzando soprattutto
i mezzi aerei, in particolare i droni, in modo da poter compiere
azioni mirate e annientare la flotta dei trafficanti. L’operazione
coinvolgerà gli Stati membri e potrebbe richiedere anche la
collaborazione di alcuni Paesi africani disponibili a cooperare con
l’Europa.
Triton e Poseidon
L’attività compiuta dall’alto
sarà naturalmente affiancata dai pattugliamenti marittimi. Da qui la
scelta di potenziare «Triton» con ulteriori finanziamenti e
soprattutto prevedendo l’impiego di un numero maggiore di mezzi
navali rispetto a quelli attualmente schierati a 30 miglia dalle
coste siciliane. La «copertura» dell’area di intervento sarà
ampliata prevedendo anche una sinergia tra «Triton» e «Poseidon»,
l’operazione svolta nel tratto di mare di fronte alla Grecia, una
delle nuove rotte battute dagli scafisti, come dimostra la tragedia
di ieri di fronte a Rodi. Il timore, in vista dell’estate, è che
il massiccio afflusso di profughi provenienti dall’Africa, ma anche
dal Medio Oriente possa infatti convincere i trafficanti ad aprire
nuove piste. Già nei mesi scorsi la Capitaneria di Porto e il
Servizio Immigrazione del ministero dell’Interno avevano segnalato
la presenza di numerosi mercantili nei porti della Turchia pronti a
salpare e l’arrivo dei siriani nelle scorse settimane aveva
confermato la necessità di avviare subito una trattativa con il
governo di Ankara. Il negoziato ha dato al momento buoni risultati,
ma non è possibile escludere che la pressione migratoria torni a
farsi sentire e dunque appare necessario un pattugliamento più
esteso.
Il trattato di Dublino
Molto importante viene
giudicata dal governo italiano anche la disponibilità degli Stati
membri ad accogliere 5.000 profughi sbarcati in Italia. Si tratta di
un numero irrisorio rispetto alle 70.000 persone attualmente
assistite e a quelle che presumibilmente saranno accolte entro breve,
ma il risultato politico appare evidente perché per la prima volta
viene superato — almeno nei fatti — il regolamento di Dublino
secondo il quale il richiedente asilo deve rimanere nello Stato dove
ha presentato istanza fino al completamente della procedura. Più
volte era stata sollecitata, e sempre negata, una revisione
dell’accordo per consentire una circolazione più libera tra i
Paesi dell’Unione. Adesso uno spiraglio sembra aprirsi, già la
prossima settimana potrebbero essere stabilite le «quote». Sempre
che non si tratti delle promesse fatte sull’onda dell’emozione
che, come in passato, tali rimangono.
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