Corriere della Sera 20/04/15
Scenari di
Nando Panoncelli
La situazione di Forza Italia è sempre
più complessa. I titoli dei quotidiani parlano di una formazione
oramai allo sbando, incapace di riunificare persone e opzioni sempre
più lontane. Emblematico il caso pugliese, con una rottura aperta
con Fitto e una candidatura, quella di Poli Bortone, che addirittura
viene rigettata dalla leader del partito di provenienza. Ma pesanti
segnali vengono anche da altre regioni: dalla Campania, con esponenti
di Forza Italia che ipotizzano di sostenere il candidato di
centrosinistra; dalla Toscana, dove sembra aprirsi una contesa
pesante fra verdiniani e ortodossi, anche dalla Liguria dove la
candidatura di Toti sembra aver scontentato i leghisti. Sono vicende
che insieme alle recenti uscite di esponenti storici segnano
plasticamente la difficoltà del momento.
Ma si tratta di una
difficoltà solo momentanea? Dal sondaggio odierno emerge che oggi
non si riesce a definire con sufficiente precisione quali siano i
valori portanti del partito. Il 39% degli intervistati, la
maggioranza relativa, non saprebbe individuare una caratterizzazione
distintiva di Forza Italia. Il 29% lo individua come partito
conservatore, mentre l’aggettivo maggiormente evocativo della
proposta politica originaria, liberale, viene solo dopo, citato da
meno di un quarto degli intervistati. La rivoluzione liberale, mito
fondativo della discesa in campo di Berlusconi ha perso
definitivamente la sua credibilità, che resiste solo tra gli
elettori attuali di Forza Italia, dove rappresenta la prima
caratterizzazione e, sia pur in misura inferiore, anche tra gli
elettori della Lega. Infine 23% lo definirebbe un partito
nazionalista, 18% cattolico, 11% antieuropeo. La difficoltà ad
identificare il partito in termini valoriali si riverbera anche sulla
sua progettualità. Solo il 13% ritiene infatti che Forza Italia
abbia un progetto politico in grado di rispondere alle attese, non
degli italiani, ma del suo elettorato: il 70% è convinto del
contrario. Gli stessi elettori di FI fanno fatica a identificare una
linea precisa e temono che il partito navighi a vista.
E, se
fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile il centrodestra senza
il nerbo del partito berlusconiano, oggi solo il 31% pensa che Forza
Italia sia ancora il partito di riferimento del centrodestra (66% tra
gli elettori di Forza Italia), mentre la maggioranza relativa reputa
che in quell’area politica si siano affacciati movimenti che
potrebbero svolgere il ruolo di collante. Il pensiero va naturalmente
alla Lega di Salvini, di cui abbiamo visto crescere i consensi e i
riconoscimenti. Ma abbiamo anche sottolineato che questa formazione
ha preso, in particolare dopo la manifestazione romana di qualche
settimana fa, una piega estremista che le ha alienato le simpatie di
parti importanti dell’elettorato di area e in particolare di Forza
Italia.
Infine l’imprescindibile tema del leader. Forza
Italia, più e prima degli altri, nasce e si struttura come partito
personale, per usare la felice espressione di Mauro Calise.
Berlusconi incarna, riassumendolo in sé, un progetto politico e una
constituency sociale. Ma attorno a lui non si crea un gruppo
dirigente sufficientemente solido, da cui scaturisca un delfino
capace di sostituirlo. Solo il 16% pensa che Forza Italia riuscirà a
trovare un nuovo leader all’altezza dell’ex premier, mentre la
maggioranza assoluta (58%) non vede nessuno in grado di prendere in
mano con sufficiente autorevolezza le redini del partito. Anche gli
elettori di Forza Italia sono sfiduciati: solo 31% vede la
possibilità di un ricambio soddisfacente.
Impressiona vedere
come i segmenti sociali un tempo più vicini a Forza Italia e al suo
leader, i lavoratori autonomi e le partite Iva, il Nord Est,
l’imprenditoria, il Sud, le stesse casalinghe, oggi ne siano sempre
più lontani e delusi.
Oggi la crisi è su più fronti: del
progetto politico che, dopo la rottura del patto del Nazareno, sembra
mancare, della base sociale che si è allontanata non trovando più
nel partito e in Berlusconi rappresentanti dei propri interessi,
della leadership che non ha saputo rinnovarsi. E sappiamo tutti come
oggi la presenza di un leader capace di aggregare e rappresentare
anche simbolicamente bisogni e sentimenti degli elettori sia
imprescindibile. La parabola del berlusconismo sembrerebbe giunta a
conclusione.
Ma questa crisi paradossalmente attraversa tutti i
partiti «tradizionali». Il tratto che li accomuna è la presenza di
potentati locali, nell’uno e nell’altro schieramento, che spesso
prevalgono rispetto alla rappresentanza generale che il partito
dovrebbe garantire. Il passaggio stretto, che coinvolge tutti, è la
ripresa della capacità di rappresentanza, sociale, politica e
culturale, dei partiti. Dalla decomposizione è necessario passare, e
presto, alla ricomposizione .
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