martedì 21 aprile 2015

Valori smarriti, nessun erede del capo
Per il 70% Forza Italia senza progetto.


Corriere della Sera 20/04/15
Scenari di
Nando Panoncelli
La situazione di Forza Italia è sempre più complessa. I titoli dei quotidiani parlano di una formazione oramai allo sbando, incapace di riunificare persone e opzioni sempre più lontane. Emblematico il caso pugliese, con una rottura aperta con Fitto e una candidatura, quella di Poli Bortone, che addirittura viene rigettata dalla leader del partito di provenienza. Ma pesanti segnali vengono anche da altre regioni: dalla Campania, con esponenti di Forza Italia che ipotizzano di sostenere il candidato di centrosinistra; dalla Toscana, dove sembra aprirsi una contesa pesante fra verdiniani e ortodossi, anche dalla Liguria dove la candidatura di Toti sembra aver scontentato i leghisti. Sono vicende che insieme alle recenti uscite di esponenti storici segnano plasticamente la difficoltà del momento.

Ma si tratta di una difficoltà solo momentanea? Dal sondaggio odierno emerge che oggi non si riesce a definire con sufficiente precisione quali siano i valori portanti del partito. Il 39% degli intervistati, la maggioranza relativa, non saprebbe individuare una caratterizzazione distintiva di Forza Italia. Il 29% lo individua come partito conservatore, mentre l’aggettivo maggiormente evocativo della proposta politica originaria, liberale, viene solo dopo, citato da meno di un quarto degli intervistati. La rivoluzione liberale, mito fondativo della discesa in campo di Berlusconi ha perso definitivamente la sua credibilità, che resiste solo tra gli elettori attuali di Forza Italia, dove rappresenta la prima caratterizzazione e, sia pur in misura inferiore, anche tra gli elettori della Lega. Infine 23% lo definirebbe un partito nazionalista, 18% cattolico, 11% antieuropeo. La difficoltà ad identificare il partito in termini valoriali si riverbera anche sulla sua progettualità. Solo il 13% ritiene infatti che Forza Italia abbia un progetto politico in grado di rispondere alle attese, non degli italiani, ma del suo elettorato: il 70% è convinto del contrario. Gli stessi elettori di FI fanno fatica a identificare una linea precisa e temono che il partito navighi a vista.

E, se fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile il centrodestra senza il nerbo del partito berlusconiano, oggi solo il 31% pensa che Forza Italia sia ancora il partito di riferimento del centrodestra (66% tra gli elettori di Forza Italia), mentre la maggioranza relativa reputa che in quell’area politica si siano affacciati movimenti che potrebbero svolgere il ruolo di collante. Il pensiero va naturalmente alla Lega di Salvini, di cui abbiamo visto crescere i consensi e i riconoscimenti. Ma abbiamo anche sottolineato che questa formazione ha preso, in particolare dopo la manifestazione romana di qualche settimana fa, una piega estremista che le ha alienato le simpatie di parti importanti dell’elettorato di area e in particolare di Forza Italia.

Infine l’imprescindibile tema del leader. Forza Italia, più e prima degli altri, nasce e si struttura come partito personale, per usare la felice espressione di Mauro Calise. Berlusconi incarna, riassumendolo in sé, un progetto politico e una constituency sociale. Ma attorno a lui non si crea un gruppo dirigente sufficientemente solido, da cui scaturisca un delfino capace di sostituirlo. Solo il 16% pensa che Forza Italia riuscirà a trovare un nuovo leader all’altezza dell’ex premier, mentre la maggioranza assoluta (58%) non vede nessuno in grado di prendere in mano con sufficiente autorevolezza le redini del partito. Anche gli elettori di Forza Italia sono sfiduciati: solo 31% vede la possibilità di un ricambio soddisfacente.

Impressiona vedere come i segmenti sociali un tempo più vicini a Forza Italia e al suo leader, i lavoratori autonomi e le partite Iva, il Nord Est, l’imprenditoria, il Sud, le stesse casalinghe, oggi ne siano sempre più lontani e delusi.

Oggi la crisi è su più fronti: del progetto politico che, dopo la rottura del patto del Nazareno, sembra mancare, della base sociale che si è allontanata non trovando più nel partito e in Berlusconi rappresentanti dei propri interessi, della leadership che non ha saputo rinnovarsi. E sappiamo tutti come oggi la presenza di un leader capace di aggregare e rappresentare anche simbolicamente bisogni e sentimenti degli elettori sia imprescindibile. La parabola del berlusconismo sembrerebbe giunta a conclusione.

Ma questa crisi paradossalmente attraversa tutti i partiti «tradizionali». Il tratto che li accomuna è la presenza di potentati locali, nell’uno e nell’altro schieramento, che spesso prevalgono rispetto alla rappresentanza generale che il partito dovrebbe garantire. Il passaggio stretto, che coinvolge tutti, è la ripresa della capacità di rappresentanza, sociale, politica e culturale, dei partiti. Dalla decomposizione è necessario passare, e presto, alla ricomposizione .

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