Corriere della Sera 26/04/15
Marco Demarco
Neanche il tempo di uscire dal
consiglio comunale di Bari, e già Desirée Digeronimo si prepara a
entrare in quello regionale, al seguito del suo amico e collega
Michele Emiliano. Entrambi sono infatti magistrati. Prestati alla
politica, certo. Ma pur sempre magistrati, e non perché rimasti
fedeli alla toga e ai valori della cultura giuridica, ma più terra
terra perché né l’uno né l’altro si è mai formalmente
dimesso. E ciò pur essendo lui ex primo cittadino di Bari, attuale
segretario regionale del Pd e candidato governatore benedetto da
Renzi; e lei candidata sindaco per una lista civica: fu battuta
dall’attuale sindaco del capoluogo Antonio Decaro, anche lui
passato, indenne, per una sua indagine. In consiglio comunale,
Digeronimo c’era finita proprio in quella occasione. Poi però il
Tar ha stabilito che il seggio le era stato illegittimamente
attribuito. «Per me Miss Italia finisce qua», commentò lei,
leggera, su Facebook. Ma si sottovalutava. Negli insoliti panni di
Enzo Mirigliani, storico patron del concorso in bikini, Emiliano l’ha
subito rimessa in gara. E lo ha fatto, tra l’altro, proprio mentre
si complimentava con Nichi Vendola per aver regalato alla Puglia
dieci «meravigliosi» anni di governatorato: da un lato gli diceva
questo, inducendolo alla commozione fino alle lacrime, e dall’altro
lo infilzava inserendo in lista Digeronimo, che di Vendola, poi
assolto, è stata la grande accusatrice: da pm gli attribuì il
concorso in abuso d’ufficio per aver favorito un primario. Tutto
questo sembra quasi un remake di un vecchio «guardie e ladri». Ma
purtroppo non è un film. Un padre costituente diceva che quando per
la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce
dalla finestra. A Bari politica e giustizia intasano porte, finestre
e balconi.
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