Corriere della Sera 23/04/15
Daria Gorodiskj
Roberto Giachetti, classe 1961 e in
politica da sempre: prima i movimenti studenteschi, a 18 anni
radicale, poi verde, poi capo di Gabinetto di Rutelli sindaco di
Roma, poi Margherita e quindi Pd, di cui è deputato e vice
presidente della Camera. Super-renziano, commenta così le
dichiarazioni di Enrico Letta a Radio 24.
«Mi sembra che Letta
sia rimasto ancora appeso a quella campanella che ha dovuto
consegnare a Matteo Renzi. Il suo tasso di rancore si nota, ma è
anche comprensibile: non deve aver digerito il passaggio delle chiavi
di Palazzo Chigi».
Secondo Letta, «Renzi racconta un Paese che
non c’è» e questo «non aiuta a stare meglio, è
metadone»...
«Forse avrebbe fatto meglio a scegliere altri
paragoni. Quando si toccano certi argomenti bisognerebbe essere
cauti: c’è gente che al metadone deve ricorrere. A parte questo,
le ultime elezioni hanno dimostrato che il Paese è in sintonia con
Renzi, a prescindere da quanto lo sia qualche parlamentare».
Poi
ha parlato di legge elettorale, invocando «una maggioranza larga»
per la sua approvazione.
«Questa è un’enormità. Proprio lui,
che ha creato con nomina governativa il Comitato dei saggi; lui che
ha modificato l’articolo 138 della Costituzione; e sempre lui che
ha preteso che il Pd bocciasse la mozione per il ritorno al
Mattarellum che impegnava la Camera… Poteva proprio risparmiarsele
queste affermazioni, c’è un limite a tutto».
Letta sostiene,
inoltre, che se si votasse subito dopo aver approvato l’Italicum
«sarebbe una sconfitta per tutti».
«E infatti nella maggioranza
non c’è proprio nessuna intenzione di andare a elezioni prima
della scadenza naturale della legislatura. Forse dovrebbe piuttosto
rivolgersi a quanti nel Pd sono in sintonia con lui nel criticare il
governo».
Anche il Jobs act viene definito
«insufficiente».
«Naturalmente si può sempre migliorare. Però
anche Letta riconosce che rappresenta un passo avanti. Quel primo
passo che non è mai stato fatto in passato».
Infine, Letta ha
ricordato che «da presidente non eletto» si è sentito «a
disagio»: come a richiamare il fatto che Renzi non è mai stato
eletto neppure in Parlamento.
«Già, un disagio che però proprio
non si è avvertito mentre era presidente del Consiglio. Anzi, quando
ha dovuto passare le consegne a Renzi sembrava piuttosto affezionato
a ciò che stava lasciando».
Sommando il tutto, comprese le sue
annunciate dimissioni dal Parlamento, crede che Letta prepari un
progetto politico futuro?
«Ma no, non penso a nessun complotto.
Certo, questa coincidenza di attacchi al segretario possono creare un
problema per gli elettori e i militanti del Pd. Però anche il
governo Letta, a suo tempo, ha ricevuto le critiche di Renzi. Sono
dinamiche politiche».
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