Torna d'attualità la riforma elettorale. Renzi chiede al senato di
discuterla subito, ha almeno due buoni motivi per volerla entro Natale. E
fra i partiti le cose sono un po' più facili di prima
L’ideale sarebbe se il ministro Boschi evitasse di
dirsi «serena», stato d’animo che s’è rivelato di cattivo auspicio.
Perché al di là dell’ottimismo comunicato, ci sono ragioni concrete per
sperare che entro l’anno possa essere sanato il vulnus dal quale tanti guai sono scaturiti, ovvero l’assenza di una decente legge elettorale.
Passata in secondo piano rispetto ai molti altri fronti aperti da
Renzi, la riforma ha comunque “camminato” tra le forze politiche. Sia a
sinistra, nelle pieghe del duro scontro di luglio tra Pd e Sel sul
senato, che a destra, nell’evoluzione dei rapporti fra i berlusconiani
separati di Ncd e Forza Italia. Le distanze si sono accorciate sul punto
cruciale del metodo di scelta dei parlamentari (preferenze, collegi,
liste corte) e sulle soglie di sbarramento. La Toscana, che ispirò il Porcellum, ha varato in modo bipartisan giusto mercoledì un nuovo sistema al quale ispirarsi.
Ieri Renzi ha chiesto che i senatori procedano subito a discutere,
emendare e votare il testo approvato dalla camera. L’obiettivo è avere
la legge entro l’anno, dopo un altro passaggio a Montecitorio.
Si dirà che in questo modo il premier voglia dar peso alla minaccia
di elezioni anticipate, che in realtà non ha mai formulato e non è nel
suo orizzonte.
La verità è un’altra: dicembre è il primo anniversario della sentenza
della Consulta che fu il vero fattore scatenante dell’assalto a palazzo
Chigi; ed è la scadenza individuata da Napolitano per valutare
l’opportunità di lasciare. Allo stesso tempo dunque un traguardo
politico e istituzionale: questo vorrebbe dire per Renzi vedere
approvato fra tre mesi l’Italicum rivisto.
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