Corriere della Sera 14/09/14
M. Ima.
Questi
sono giorni di magra gioia per Flavio Delbono. A dispensarla è il
suo telefonino, sul quale arrivano messaggi della serie chi semina
vento raccoglie tempesta. «Sono davvero molte le persone che mi
segnalano il giustizialismo a intermittenza del Pd. Togliatti è
ancora vivo e lotta insieme a noi».
La riabilitazione del
sindaco breve può ancora attendere. Il docente universitario che con
la benedizione di Romano Prodi governò Bologna per pochi mesi prima
di essere travolto da uno scandalo che mischiava sesso&peculato,
il cosidetto Cinzia-gate, ha pagato per le sue colpe. Quelli che nel
2010 lo avevano messo in croce adesso hanno problemi simili,
un’inchiesta su spese improprie con soldi dei contribuenti che
colpisce il cuore antico del Pd. Nel mondo dove c’è sempre
qualcuno più puro che ti epura, a volte basta sedersi ad
aspettare.
Si sta comodi sulla sponda del fiume?
«Quel tanto
che basta per vedere la doppiezza comunista ancora sulla breccia. Ci
faccia caso: il pollice verso, rapido, istantaneo, è rivolto sempre
e soltanto a coloro che hanno una storia diversa. Con gli esponenti
della ditta, gli ex Pci-Pds-Ds rimasti tali, vengono usati i guanti
bianchi del garantismo».
Esempi recenti e vicini?
«Stefano
Bonaccini e Matteo Richetti sono accusati dello stesso reato. A
favore del primo c’è stata una levata di scudi condita da frasi
sulla giustizia a orologeria. Sul secondo invece, solo silenzio.
Nessuno disposto a dire che è innocente».
Può risolvere
l’equazione?
«Bonaccini è un esponente della ditta. Richetti è
un intruso, un cattolico renziano della prima ora».
Dove vuole
arrivare?
«Il Pd emiliano-romagnolo è ancora impastato di
tradizione diessina. Si sentono i custodi di una tradizione. Questo
li porta a essere giustizialisti con i nemici politici del momento,
garantisti con gli amici. Quando la magistratura arriva in casa
propria, i compagni non sbagliano».
Non vorrà sostenere che le
sue peripezie giudiziarie sono dovute a un complotto del Kgb?
«Per
carità, non voglio fare la vittima. Ma è un dato di fatto: io ero a
malapena tollerato. Ero un estraneo utile solo a far dimenticare
Sergio Cofferati, che rendeva il suo ex assessore e attuale sindaco
Virginio Merola una figura difficile da spendere. In quel 2010 per
attaccare Berlusconi si difendevano le Procure a prescindere.
L’atteggiamento schizofrenico nei confronti della magistratura è
nel Dna di questo partito, che potrà dirsi nuovo solo quando potrà
permettersi l’imparzialità».
Se le fosse accaduto oggi?
«Non
mi avrebbero difeso. Non sono della loro razza. Neppure Prodi lo è.
Stimato, rispettato, riverito, ma vissuto come diverso. E se andiamo
oltre Bologna e l’Emilia, guarda caso, da Filippo Penati a Vincenzo
De Luca, i soci della ditta che hanno usufruito di un garantismo
peloso appartengono tutti alla stessa storia».
Riflesso
condizionato?
«Forse. Ma non è un bel segno. Quell’atteggiamento
è tipico delle specie in via di estinzione».
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