La cosa peggiore che potrebbe fare la minoranza del Pd sarebbe
mettere in scena un falso movimento, un conflitto solo di facciata su
una emergenza come il lavoro. Si migliori la proposta, e se invece la
divisione è insanabile se ne traggano le conseguenze
Speriamo che non sia un falso movimento. Un conflitto
virtuale. Uno scontro più mimato che reale. Già, perché questa per i
lavoratori e per i non-lavoratori sarebbe l’offesa peggiore: che la
politica – peggio, la sinistra – usasse il dramma della disoccupazione e
del precariato per mettere in scena uno dei suoi melodrammi. Una
battaglia di visibilità più che di concretezza. Quando viceversa c’è un
unico assillo che si deve avere sul Jobs Act, sulla legge
delega: che funzionino, per creare lavoro; che introducano giustizia,
equità e opportunità in un mercato dominato dall’incertezza nel futuro e
da intollerabili discriminazioni fra cittadini, generi e generazioni.
Punto. Questo conta, come ha fatto capire chiaramente ieri il capo
dello stato. Il riequilibrio politico nel Pd rimandiamolo al momento dei
bilanci. A quando, com’è giusto, Renzi e la sua leadership di governo e
di partito dovranno rispondere dei risultati.
Evitiamo la pantomima già vista quando contro la banale riforma del
bicameralismo si sono evocati golpe e fine di democrazia. Adeguiamo
parole e azioni al senso vero delle cose. Occupiamoci di migliorare i
testi non nell’interesse delle correnti di partito ma nell’interesse di
giovani e cinquantenni.
Se poi davvero nel Pd ci fosse qualcuno convinto di aver visto il
fantasma della Thatcher, allora faranno bene anche a ribellarsi. A
consumare autentiche rotture politiche e a invocare la verifica del
consenso. Io però dubito che ci sia qualcuno desideroso di indire
referendum, certo in una platea non meno numerosa degli elettori delle
primarie, per chiedere agli italiani se vogliono tenersi il mercato del
lavoro così com’è.
Nessun commento:
Posta un commento