Colloquio con il senatore membro della segreteria Pd: «L'editoriale
di de Bortoli sul Corriere è duramente disperato e sulla massoneria ha
lanciato un messaggio oscuro. Ma non tutto l'establishment è contro
Renzi»
«Il patto del Nazareno? Un metodo che il Corriere della sera
ha sempre auspicato, mentre ora lo attacca. E anche nel mio partito c’è
chi dimentica che Renzi lo ha ereditato dall’esito nullo delle elezioni
politiche del 2013 e dal patto stretto con Giorgio Napolitano per
convincerlo a rimanere al Quirinale. Fu la maggioranza del Pd di allora,
che oggi è in minoranza, a portare Berlusconi al governo, Renzi si è
limitato a riportarlo al tavolo delle riforme».
Giorgio Tonini, vicepresidente dei senatori dem e componente della
nuova segreteria insediata la scorsa settimana al Nazareno, non vorrebbe
dare troppo peso alle polemiche generate dall’editoriale di Ferruccio
de Bortoli sul Corsera di mercoledì scorso, che definisce «duramente disperato». Con Europa, però, accetta di parlare del rapporto tra l’attuale esecutivo e l’establishment
del paese, partendo da un punto fermo: «Se Renzi fallisse, non ci
sarebbe un altro governo politico, arriverebbe la troika». E a quel
punto, i primi a pagarne la conseguenze sarebbero proprio coloro che
oggi resistono al cambiamento.
«La politica – spiega Tonini – ha rinviato per anni le riforme,
consentendo la formazione di un establishment più arretrato che negli
altri paesi. Ora c’è un governo che ha messo in campo una nuova
generazione che sta provando a fare queste riforme, e farle non contro
qualcuno ma per i cittadini: alle categorie che si sentono minacciate
bisogna chiedere di mettersi in discussione per collaborare a migliorare
i servizi che offrono». Il senatore del Pd, però, non fa di tutta
l’erba un fascio. Anzi, riconosce che accanto a chi “resiste” per
conservare i «privilegi costituiti», c’è una parte della classe
dirigente più genericamente sfiduciata nei confronti della politica (e
in questa categoria annovera il direttore del Corriere) e chi invece «scommette che Renzi possa farcela», come Sergio Marchionne.
L’idea, espressa da de Bortoli, che dietro l’azione del premier
possano esserci interessi massonici è respinta con ironia da Tonini
(«tra boy scout e massoneria non c’è mai stata una parentela stretta»),
pur mostrandosi preoccupato da un «messaggio oscuro e obliquo». Sotto
accusa c’è quel patto del Nazareno che ha determinato il superamento del
bipolarismo muscolare («come predicato per anni dal Corriere») e che
oggi è additato invece come prova di accordi occulti: «Poco più di un
anno fa c’è stato un corteo ginocchioni di dirigenti di destra e
sinistra per chiedere a Napolitano di rimanere al Quirinale, allora fare
un accordo con Berlusconi non sembrava così terribile. La doppia
maggioranza, una per il governo e l’altra per le riforme, va mantenuta
proprio per tenere fede a quel patto». Che potrà essere esteso anche
all’elezione del prossimo capo dello stato? «Se ne riparlerà quando
Napolitano deciderà di lasciare, a oggi potrebbe rimanere anche fino al
2020. Allora sarà giusto lavorare per avere un presidente con la più
ampia base parlamentare possibile».
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