GIOVANNA CASADIO
La Repubblica – 22/9/14
L’INTERVISTA/DEBORA SERRACCHIANI
VICE-SEGRETARIO PD
«Le critiche più accese vengono
proprio da chi in passato - D’Alema, Bersani, Chiti - diceva che
bisognava cambiare superando l’articolo 18. Ho come la sensazione
che qualcuno voglia strumentalizzare il tema del lavoro per una resa
dei conti nel Pd». Debora Serracchiani, vice segretario dem,
contrattacca: «Andranno rispettate le decisioni della direzione
perché siamo un partito non una ditta né una bocciofila».
Serracchiani, più che una
discussione sul lavoro è uno scontro politico senza quartiere?
«Sicuramente dobbiamo abbassare i toni. Però è anche il momento di
fare chiarezza: noi siamo qui per cambiare le cose e vogliamo farlo
davvero perché siamo convinti che per troppo tempo abbiamo giocato
in difesa e accettato disuguaglianze intollerabili ».
Non siete però disposti a
riconoscere le ragioni del sindacato e della minoranza dem?
«Prima che partisse lo scontro era già
stata fissata la direzione del 29 settembre su questi temi. C’è la
voglia di confrontarsi senza pregiudizi ».
Ma si va avanti sull’articolo 18
anche a costo di una scissione con la minoranza del partito?
«Non abbiamo interesse a nulla di
tutto questo. Vogliamo un confronto in direzione anche aspro, ma poi
vanno rispettate le decisioni assunte dalla maggioranza del partito.
A chi dice di dovere rispondere ai propri elettori e non agli
organismi del partito ricordo che è stato eletto con e grazie al
Pd».
Però neppure i renziani votarono
Franco Marini al Quirinale, benché fosse una decisione del partito.
«Su Marini si riunirono i gruppi
parlamentari ma si trattava di una decisione su una persona assunta
in una situazione a dir poco complessa. Decidere di cambiare il
sistema del lavoro è una scelta politica, compete alla direzione del
partito».
Un po’ troppo autoritario
l’attacco di Renzi alla “vecchia guardia” con una lettera ai
militanti?
«L’ho apprezzato molto, perché
questa discussione non deve appartenere ai vertici ma coinvolgere
tutti gli iscritti e i circoli. Da rottamare non sono le persone ma
le corporazioni, i tabù, i poteri che hanno tenuto questo paese con
la testa sott’acqua».
Volete cacciare la minoranza dal
partito?
«No, bisogna dire con nettezza che
viviamo in un paese in cui pochi hanno tutto e molti non hanno nulla.
È arrivato il momento di scardinare questo sistema. Naturalmente
discutendo con i sindacati, con la sinistra dem. Ma siamo determinati
ad andare fino in fondo».
A qualunque prezzo?
«Non possiamo più perdere tempo. Alla
minoranza, ad alcuni della vecchia guardia dico che non possono
frenare quei cambiamenti che avrebbero voluto fare e non ci sono
riusciti e ora non va bene perché è Renzi a farli».
Forza Italia è disposta a votare il
Jobs Act. Si va verso più larghe intese?
«Il governo è quello della
maggioranza attuale. Non abbiamo bisogno dei forzisti per fare le
riforme del lavoro ed economiche. Però se ci fosse sul lavoro una
larga condivisione ben venga».
L’articolo 18 sarà abolito?
«Nessuno lo mette in discussione nei
casi di discriminazione, ma non è possibile che una generazione
conservi privilegi e quella più giovane non abbia diritti». A chi
dice di dovere rispondere ai propri elettori ricordo che è stato
eletto con e grazie al Pd
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