lunedì 26 gennaio 2015

Torna lo scontro con la politica (e tra le toghe).


Corriere della Sera 25/01/15
corriere.it
La sintesi più efficace del dibattito in corso sulla stato della giustizia sta in ciò che è accaduto ieri a Bologna, alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario. L’esponente «laico» di indicazione «grillina» del Consiglio superiore della magistratura, Alessandro Zaccaria, ha detto che il Csm «vuole essere parte attiva delle riforme, perché se si aspetta il governo o non arrivano oppure si vede di che qualità sono». Ha ribattuto la vice-presidente della Regione Elisabetta Gualmini, renziana convinta, che «le riforme della legislazione le propone il governo e sono approvate dal Parlamento», quindi il Csm non c’entra. Terzo incomodo nel botta e riposta il «padrone di casa», presidente della corte d’appello Giuliano Lucentini, secondo il quale rispetto ai tempi dei governi Berlusconi sono cambiati i toni ma non la sostanza della «delegittimazione dei giudici». Lo scontro tra giustizia e politica, insomma, non sembra placarsi, così come quello interno alla magistratura. A Milano — dove tutti i procuratori aggiunti (tranne uno in ferie) si schierano al fianco del capo Bruti Liberati, in segno di plateale solidarietà nella disputa con Robledo — il presidente della corte d’appello se la prende con i colleghi di Palermo che non hanno risparmiato, «alla Repubblica e alla magistratura» la testimonianza di Giorgio Napolitano nel processo sulla presunta trattativa fra Stato e mafia. E a Palermo il «reggente» della corte invita la «società civile» a non schierarsi sempre e solo dalla parte dei pubblici ministeri, poiché bisogna sostenere anche i giudici che a volte assolvono «per carenze degli organi investigativi e requirenti». Sono scaramucce, dirette o a distanza, che manifestano un certo malessere anche nei rapporti tra toghe. Fermo restando che i disagi maggiori restano nei confronti del governo e di un presidente del Consiglio che, per dirla con il procuratore generale di Torino Maddalena, «non ha trovato di meglio che ispirarsi al personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali di orwelliana memoria, che aveva scoperto il grande rimedio per tutti i problemi della vita: far lavorare gli altri fino a farli crepare dalla fatica». Chiaro riferimento al taglio delle ferie deciso per decreto; un provvedimento «che ancor ci offende» e nulla ha a che vedere con i tempi lunghi della giustizia. Lo dicono quasi tutti, in ogni città d’Italia, così come quasi tutti sottolineano che la riforma della responsabilità civile è sbagliata, e gli altri progetti in campo sostanzialmente inutili. «Ben misera cosa» riassume un po’ brutalmente il pg facente funzioni a Milano. L’Associazione magistrati continua a rimproverare al governo un «approccio non sufficientemente meditato», e puntuale arriva il rimbrotto di Cicchitto: «Continuano a fare polemica politica» (mentre gli avvocati accusano simultaneamente governo e toghe, e i radicali continuano a denunciare «lo Stato criminale per il trattamento inumano nelle carceri e l’irragionevole durata dei processi»). Come se fosse sempre tutto uguale a prima, in una contrapposizione inevitabile. L’altro ieri il primo presidente della Cassazione non ha esitato a criticare la politica ma anche «alcuni atteggiamenti della magistratura che non può non interrogarsi sulle sue corresponsabilità» nella crisi di fiducia nella giustizia. Invitando tutte le istituzioni ad «allargare l’orizzonte per guardare oltre e dimostrare di saper accettare la sfida dei tempi». La speranza è che non resti solo un auspicio, rituale come l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

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