sabato 10 gennaio 2015

I «bilaterali» del premier 
per sondare gli altri leader.


Corriere della Sera 10/01/15
Francesco Verderami
Anche per il Colle nasce l’era del bipolarismo.
«Signorsì» o «signornò»: ecco il modello all’italiana applicato al Quirinale, e su cui — ormai da settimane — due contrapposti e trasversali schieramenti stanno scavando in Parlamento una linea di trincea, in attesa di scegliere il successore di Napolitano. Optando per un «signornò», per un capo dello Stato «autonomo dal premier», gli avversari di Renzi mirano a evidenziare come il segretario del Pd preferirebbe invece un «signorsì», un presidente della Repubblica taglianastri, che non intralci l’azione di Palazzo Chigi.

Il bipolarismo quirinalizio è l’ultima frontiera nella storia della corsa al Colle, ed è anche uno strumento con cui alleati e avversari di Renzi cercano di interpretare le sue mosse, così da capire per tempo l’identikit che ha in mente. E in mente — a seguire questo schema — il premier non ha certo il nome di Prodi e nemmeno quello di Draghi, che nonostante abbia detto di non voler «fare il politico» è stato tirato nuovamente in ballo sulla Stampa da Monti, secondo cui il presidente della Bce è «tra i nomi accreditati» per salire al Quirinale.

Quanto al fondatore dell’Ulivo, finora Renzi è stato abile a sfruttare i veti altrui: quello di Berlusconi soprattutto, che a suo dire «non lo voterebbe. E siccome noi dobbiamo puntare su un nome che sia largamente condiviso...». Perciò le quotazioni del Professore sono basse, anche se tra gli avversari del premier c’è chi lavora per la sua elezione: «Dovremmo far crescere il nome di Romano nelle prime votazioni», ha detto di recente il leader di Sel, Vendola, al democratico Civati. E sebbene Prodi ripeta sempre a tutti di non fare «il mio nome tanto non ce la farei», tra i suoi fedelissimi c’è chi si lavora lo schieramento dei «signornò», confidando nello spirito di riscatto dei grillini e nella voglia di rivalsa dei fittiani.

Assai di verso è il gioco di Renzi, additato come capo del fronte dei «signorsì». Malgrado ufficialmente dica di voler attendere le dimissioni di Napolitano prima di parlare di Quirinale, il premier ha già iniziato a sondare i leader di partito e i dirigenti del suo partito: colloqui bilaterali, come si addice a chi non si fida nessuno. Contando sulla riservatezza ha parlato con Berlusconi, che però non ha resistito a raccontare brani del colloquio. «Gli ho detto: “Matteo, e ricordati che per la presidenza della Repubblica ci sarebbe sempre il nome di Gianni Letta. E lui mi ha detto: “Eh, magari. Peccato che i miei non lo voterebbero”».

Ecco l’ennesima dimostrazione di come sia saldo il patto tra i due, ecco il motivo della diffidenza di quanti parlano con Renzi e il Cavaliere. A cui il premier ha lanciato dei segnali sul nome di Mattarella e su quello di Visco. Due nomi diversi ma che riconducono allo schema del segretario pd: da un lato l’ex ministro della Dc e dell’Ulivo che non è più in politica, dall’altro l’attuale governatore di Bankitalia che non ha mai fatto politica. Così facendo, Renzi sembrerebbe voler puntare su personalità che non sono in politica.

C’è un motivo quindi se alcuni dirigenti della minoranza Pd, tutta schierata con il fronte del «signornò», gli hanno proposto di candidare «in prima battuta» un esponente del partito. Un filo rosso porta a Fassino, ultimo leader dei Ds e oggi vicino a Renzi, che lo ha citato in alcuni colloqui senza esporsi. Il sindaco di Torino ha sondato Berlusconi per capire se «c’è un veto di Forza Italia sul mio nome». Il punto è se c’è la disponibilità di Renzi, che ieri ha rilanciato la sua scommessa: «Alla quarta votazione avremo il nuovo capo dello Stato».

Se è un bluff si vedrà, ma una cosa è certa: nell’era del bipolarismo quirinalizio, Renzi non adotterà le liturgie del passato. La rosa di nomi, per esempio, non si adatta al «politico last minute», come il premier è stato soprannominato in Consiglio dei ministri. Semmai userà questo strumento per poi giocarsi a sorpresa la sua carta. «Renzi tratterà solo se alla quarta votazione non sarà passato il suo candidato», dice Cicchitto. È su questo che punta lo schieramento del «signornò».




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