giovedì 15 gennaio 2015

LA CRITICA DAVVERO INGIUSTA.


Corriere della Sera 15/01/15
Antonio Polito
È comprensibile l’ostilità che si riversa anche in queste ore contro Napolitano da parte dei propagandisti dell’antipolitica; cioè di tutti coloro i quali hanno sperato che la crisi economica, morale e politica dell’Italia sfociasse in un collasso del sistema istituzionale, per sostituirlo con qualcos’altro. Un’ondata così forte di rabbia e disprezzo per i partiti e il Parlamento in Italia non si vedeva da tempo. Napolitano l’ha affrontata di petto, senza indulgenze, con severità. Nella convinzione che l’unico modo di domarla fosse il rinnovamento delle istituzioni democratiche. Da questo punto di vista è stato il più formidabile nemico degli agitatori. Si spiegano dunque l’astio e la collera con cui ne salutano l’addio.

 Meno comprensibile è l’ostilità che gli proviene da Berlusconi e dagli ambienti a lui vicini. Napolitano infatti, proprio per fronteggiare il rischio di collasso del sistema politico, ha avuto come stella polare della sua azione la stabilità di governo. Il che, in tutte le crisi politiche che si è trovato a gestire, lo ha portato sempre a favorire soluzioni che tenessero il centrodestra di Berlusconi dentro l’area di governo, o comunque agganciato. Al punto di irritare spesso gli oppositori dell’ex Cavaliere. 


Nel 2010, quando Fini spaccò la maggioranza di centrodestra, Napolitano si adoperò affinché la discussione della mozione di sfiducia a Berlusconi fosse posticipata a dopo la legge di Stabilità. Questo diede un mese di tempo al premier, che lo usò per conquistare e trasferire voti in Parlamento, e gli consentì di ribaltare a sorpresa il risultato e restare in sella. 

Nel terribile autunno del 2011, quando il governo Berlusconi cadde al pari di tutti i governi dei Paesi travolti dalla crisi dei debiti sovrani, Napolitano non sciolse le Camere, indicendo elezioni che in quel momento avrebbe sicuramente vinto il centrosinistra guidato da Bersani, ma puntò sul governo Monti per uscire dalla emergenza finanziaria. Berlusconi gradì questa soluzione al punto che diede la fiducia al nuovo esecutivo, e per mesi lo sostenne; non a caso fu lui a proporre prima e a votare poi il bis di Napolitano. 

All’indomani delle ultime elezioni, il presidente negò a Bersani la possibilità di dar vita a un governo senza maggioranza parlamentare e incaricò invece Letta alla guida di un esecutivo che comprendesse Berlusconi. E quando Renzi arrivò sulla scena, Napolitano diede via libera al suo tentativo, che consisteva nel riportare nel gioco politico Berlusconi con il patto del Nazareno, nonostante nel frattempo fosse stato condannato per frode fiscale e decaduto dal Senato, e per questo avesse rotto con la maggioranza e con Alfano.

 Tutte queste scelte, peraltro pubblicamente motivate, ovviamente sono suscettibili di critiche; ma certo non per essere state di pregiudizio al centrodestra. I cui problemi politici di oggi hanno ben altre spiegazioni e radici.

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