venerdì 30 gennaio 2015

LA SCELTA E LO STRAPPO.


Corriere della Sera 30/01/15
Massimo Franco
C’è già chi parla malignamente di rivincita della Prima Repubblica e della Democrazia cristiana. Ma se domani Sergio Mattarella sarà eletto capo dello Stato, la vulgata dovrà essere corretta; meglio, riequilibrata. La sua designazione da parte di Matteo Renzi suggerisce semmai una lettura meno manichea e ideologica del passato; e permette di rivisitarlo con un senso della storia meno influenzato dai luoghi comuni: Mattarella incarna ciò che di meglio ha espresso quella stagione moderata della politica italiana. Le sorprese sono sempre possibili: il Pd è maestro di lotte fratricide, come dimostra la competizione di circa due anni fa che approdò alla conferma di Giorgio Napolitano.

Ma la logica porterebbe a dire che il segretario-premier è riuscito a trovare un profilo insieme alto e condivisibile dall’intero partito, e non solo. Mattarella è una personalità agli antipodi rispetto a Renzi, eppure proprio questo rappresenta un elemento di merito per chi lo ha proposto. Si dirà che ha prevalso l’esigenza di tenere unito il Pd. E questo c’è: sarà essenziale per centrare il risultato e non aprire giochi al buio. Non a caso, il ruolo di ricucitura di Pier Luigi Bersani può risultare decisivo per arginare i franchi tiratori. Se regge l’intesa, l’abilità renziana va sottolineata. Rimane da capire il ruolo che il centrodestra si assegna.


P er ora bisogna prendere atto del rifiuto, apparentemente perentorio, di Forza Italia e Ncd di avallare il candidato del Pd, gridando alla violazione dei patti. Tuttavia si tratta di un «no» che va decifrato e tarato su quanto accadrà nelle prossime ore. Regalare Mattarella non al Pd ma ad una maggioranza di sinistra non sarebbe un capolavoro di strategia. Idem, in caso di nulla di fatto, aprire una sorta di lotteria, coda fedele e avvelenata di quel toto Quirinale che ha creato troppe aspettative e dunque troppe frustrazioni; per poi magari ritrovarsi una candidatura ben più sgradita.

La sensazione è che Silvio Berlusconi e Angelino Alfano resistano all’idea di appoggiare Mattarella soprattutto perché ritengono di avere subìto uno sgarbo; e perché vogliono risultare determinanti, non aggiuntivi. Insomma, rivendicano una versione paritaria del patto del Nazareno, di fronte al metodo brusco di un Renzi che addita e non concorda una soluzione; e ora sono tentati di disdirlo, scottati da una mossa imprevista e spregiudicata. È un’operazione azzardata, però. E lascia altrettanto perplessi l’orientamento, non ancora definitivo, di Alfano di non votare Mattarella alla quarta votazione. Un’opzione del genere inserirebbe un cuneo non tanto nella scelta del presidente della Repubblica quanto nella maggioranza di governo e nel processo di riforme.

Il Nuovo centrodestra ha appena votato col Pd e con FI quella elettorale. Evidentemente, ora non vuole regalare al premier l’aureola del vincitore. Il problema è se, per conseguire l’obiettivo, i critici di Renzi non finiranno per risultare ancora più perdenti. Dovrebbe suggerire qualcosa il modo in cui Lega e Movimento 5 Stelle attaccano da versanti opposti la candidatura di Mattarella. Ieri, dopo la prima votazione, nella quale occorreva la maggioranza qualificata di due terzi dei consensi, le schede bianche sono state 538: moltissime, come previsto; e oggi dovrebbe essere più o meno lo stesso. Si vedrà presto se mascherano giochi ancora coperti, o, come è più probabile, giochi ormai fatti.

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