lunedì 19 gennaio 2015

Il fastidio del premier:
Sergio non è credibile.


Corriere della Sera 18/01/15
Maria Teresa Meli
Matteo Renzi è a Pontassieve, in famiglia, per un sabato che dovrebbe essere di riposo, ma che, come sempre, non lo è, perché il premier deve ancora sistemare gli ultimi tasselli del puzzle quirinalizio. Ed è in questo contesto che gli giunge la notizia ufficiale dell’addio di Sergio Cofferati al Partito democratico. Notizia, a dire il vero, che non lo coglie di sorpresa perché è dall’altro ieri che al Pd sanno della decisione dell’ex leader della Cgil di andare via. «Io rispetto la sua scelta. Ma uno perde e quindi se ne va? È incomprensibile, non è credibile»: la pensa così il presidente del Consiglio.

Il premier con i suoi è molto netto sulla questione: «Il giorno dopo le primarie chi perde dà una mano a chi vince, come ho fatto io, non fa ricorsi e non apre discussioni tafazziste che possono essere strumentalizzate e fare male al partito. E invece Cofferati ha perso e se ne va...». Poi ai pd liguri Renzi raccomanda: «Calma e gesso. Ci vuole responsabilità anche se c’è tanta ipocrisia in certe polemiche».

Ma l’addio dell’ex leader sindacale non sembra guastare a Renzi una giornata già complicata, come lo sono tutte queste che precedono il gran giorno dell’avvio delle votazioni per il Quirinale. Il premier l’altro ieri, alla Direzione del suo partito, ha lasciato intendere che il 28 il Pd avrà un nome per la successione a Giorgio Napolitano. Il che non significa automaticamente che quel nome verrà già sottoposto al voto al primo scrutinio, anche se quello è il sogno renziano. «La quarta mi basta», spiega il presidente del Consiglio. Cioè quando sarà sufficiente la maggioranza assoluta di 505 grandi elettori per essere eletto.

«Nelle votazioni precedenti — spiega il premier ai suoi — si può votare scheda bianca». A meno che non avvenga il miracolo che per il momento Renzi non sembra vedere. Eppure proprio ieri Silvio Berlusconi, con una nota ufficiale, ha rassicurato il presidente del Consiglio: Forza Italia non interrompe il dialogo e non cambia atteggiamento sulle riforme.

Già, il leader di FI è in una posizione difficile. Non può rompere sull’Italicum e sulla revisione del bicameralismo perfetto, altrimenti rischia di restare ai margini del gioco politico però non si fida di Renzi: «Non vorrei che mi avesse messo all’angolo, anche perché io non ho più armi». Con il premier, però, il filo del dialogo non si interrompe. Il presidente del Consiglio lo ha sondato sui possibili candidati al Quirinale. Gli ha fatto il nome di Sergio Mattarella. Che non sembra convincere Berlusconi, benché l’ex Cavaliere non abbia alzato le barricate contro di lui. Anche perché il leader di Forza Italia non è sicuro che sia veramente quello il nome definitivo di Renzi. E comincia a dubitarlo pure qualcuno nel Pd. Se non altro perché notoriamente Mattarella è in ottimi rapporti con Massimo D’Alema, che di lui ha detto ad alcuni compagni di partito: «È l’uomo che può bilanciare Renzi».

A Berlusconi non dispiace invece l’altro candidato supportato da D’Alema: Giuliano Amato. «Di tutti i nomi il suo è il migliore per noi», ha spiegato l’ex leader di Forza Italia ai suoi. Berlusconi, invece, finora non ha ancora formulato un giudizio sull’ipotesi Veltroni. Non si è detto pregiudizialmente contrario a questa ipotesi e a Gianni Letta il nome dell’ex segretario del Partito democratico piace, ma il problema, paradossalmente, potrebbe trovarsi in casa pd. D’Alema ha fatto sapere che sul nome di Veltroni non c’è da parte sua nessun veto. Gli altri ex Ds però sono molto più diffidenti di fronte a un’ipotesi del genere. Tant’è vero che Renzi con i suoi in questi ultimissimi giorni è stato molto cauto. Il succo del suo ragionamento è questo: Veltroni, Fassino, Bersani e Franceschini in quanto ex segretari del Pd potrebbero «non facilitare un accordo». E invece quel che serve più che mai al premier è «una persona che non alzi la posta, ma che, al contrario renda più facile l’intesa» .




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