giovedì 12 dicembre 2013

Renzi un’ora con Napolitano “Diffidenza decrescente”

La Stampa 11.12.13

L’espressione che usa è singolare, ma rende l’idea - con ricercata delicatezza - dell’attuale stato dei rapporti tra i due: “Diffidenza decrescente”. Ecco quel che corre oggi tra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano; e quel che corre oggi, allora, segnala almeno un cambiamento rispetto a quel che c’era ieri: quando la diffidenza - evidentemente - era solida, percepibile e nient’affatto decrescente. 

Il neo segretario del Pd è rimasto colpito: «Un’ora faccia a faccia. Incontro serio, buono, importante». E forse anche il Presidente tornerà a riflettere sulla lunga chiacchierata: cinquant’anni di differenza, due mondi sideralmente distanti, in mezzo una guerra, la ricostruzione, l’Italia che si rimette in piedi. Eppure, un punto d’incontro lo si trova: il Paese va salvato di nuovo e, per farlo, servono riforme e stabilità. E’ su questo che, alla fine, i due s’intendono. Anche se il sindaco-segretario - tornato a Firenze - spiega di non rinunciare alle sue convinzioni: «Credo che Napolitano vorrebbe che il governo andasse avanti, molto avanti, altro che 2015... Io non dico di no, però insisto: stabilità non può voler dire l’attuale immobilismo».  
 
Matteo Renzi è contento - diremmo perfino molto contento - di queste sue prime 72 ore da segretario. E non è solo per come è andato il tanto atteso incontro al Quirinale: «Il Presidente ha apprezzato, credo, il fatto che io non intenda imporre miei modelli in materia di legge elettorale - dice -. Ma contemporaneamente, ha chiaro che il Pd non mollerà sulla necessità di fare una riforma. Quel che mi pare di poter dire, al di là dell’incontro, è che molte cose sono già cambiate in appena tre giorni. Mi sembra si vada affermando - conclude soddisfatto - l’idea che la riforma vada fatta in tempi molto brevi, e credo sia ormai deciso che se ne occuperà la Camera: per cui Giachetti può interrompere il suo digiuno. E questa è quella che si può chiamare una buona notizia». 

Bene con Napolitano, dunque. E bene anche sulla via della riforma della legge elettorale, lungo la quale - però - Renzi si muove con «crescente diffidenza». «Temo che Angelino Alfano voglia perder tempo e menare il can per l’aia - dice il sindaco-segretario -. Io con lui parlerò, figurarsi, ma non mi lascerò incantare e nemmeno rallentare: ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo, che la riforma adesso la vogliono davvero. E se il Nuovo centrodestra divaga, vuol dire che lavoreremo con qualcun altro». 

Beppe Grillo, già. Il comico-leader ha fiutato il pericolo e da un po’ di tempo ha fatto di Matteo Renzi il suo nemico numero uno: si può tranquillamente dire che l’avversione è reciproca, e che quel che si profila - per i prossimi mesi - potrebbe somigliare a un vero e proprio duello rusticano. Il segretario del Pd non ha affatto gradito, per esempio, l’ultima uscita del leader Cinque Stelle che lo ha sfidato a rinunciare al finanziamento pubblico, come ha già fatto il suo movimento. Renzi gli ha prima replicato con un tweet: «Caro Grillo ti rispondo nei prossimi giorni con una sorpresina che ti sto preparando». Ma la sorpresina, in realtà, è già pronta... 

«Credo proprio che gli risponderò da Milano, all’Assemblea nazionale -dice -. Mi chiede di firmare una lettera di rinuncia al finanziamento pubblico? Troppo semplice. Facciamo le cose per bene: firmi lui una lettera nella quale dice sì ad una legge elettorale maggioritaria, alla riforma del Titolo V, all’abolizione del Senato e del finanziamento pubblico ai partiti. Vediamo se è pronto. Ma quel che è più importante è che deve mettersi in testa anche lui che l’agenda delle cose da fare la detta il Pd, e che non staremo più a rincorrere né lui né altri». 

Il piglio di Renzi non sembra cambiato: il nuovo ruolo di segretario non ha smorzato la nettezza delle sue posizioni e il tono - al solito - un po’ guascone. E’ contento della segreteria messa in campo: «Più donne che uomini, come promesso: non era mai successo prima. E poi tutti bravissimi. Sono impressionato dalla concretezza della Serracchiani, dall’impegno della Boschi, dalla lucidità di Federica Mogherini...»”. E con un piccolo strappo alla riservatezza con la quale ha circondato il suo colloquio con Napolitano, dice «il Presidente era molto curioso di saperne di più - racconta -. Alcuni dei giovani messi dentro li conosceva, la Mogherini, la Boschi... di altri ha voluto sapere». 

La Segreteria, dunque il Partito, il Pd. Matteo Renzi è ancora in attesa di sapere se Cuperlo ci sta davvero ripensando e alla fine accetterà la carica di Presidente dell’Assemblea nazionale. «So che ci ragiona - dice Renzi -. Sul momento mi aveva detto di no, ma nella sua componente si è aperta una complicata discussione e alla fine - io lo spero - potrebbe ripensarci. Comunque sia, non è che accetterò qualunque nome mi verrà proposto. So che D’Alema è furioso, per esempio, perchè ho annunciato che non lo ricandiderò alle Europee. Ma si volta pagina, e non sono preoccupato: anche in Direzione, su 120 membri una ottantina almeno è in maggioranza con me».  
 
Tante partite da giocare contemporaneamente: e nessuna particolarmente semplice. Renzi non è spaventato, ma non nasconde - in un momento di sincerità - che il livello si è fatto assai più alto. «Fino a ieri, parliamoci chiaro, giocavo a tennis: cioè, buttavo la palla dall’altra parte del campo. Adesso è una partita a scacchi. Difficile. E se sbagli una mossa...». Già, se sbagli una mossa è un guaio. Chiedere ai predecessori: da Veltroni a Bersani non potranno che confermarlo...

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