mercoledì 25 dicembre 2013

Come nella Montagna incantata

Mario Lavia 

Europa  

Questa generazione ha fretta, fretta di concludere, ha bisogno di certezze, di scadenze: di qui l’idea di Renzi e Letta di un “contratto” dettagliato entro gennaio con tanto di date da rispettare
Guardando ieri Enrico Letta alla sua prima conferenza stampa di fine anno inevitabilmente è venuto il ricordo della stessa occasione di un anno fa – c’era Mario Monti che annunciava la sua “salita in campo” – o quella di due anni fa – sempre con Monti ma in veste di salvatore della patria dopo lo sfascio berlusconiano. Un anno, due anni: pare un’altra era.
Poi sempre ieri si è visto Matteo Renzi nel suo incontro tutto fiorentino con i giornalisti, quel Renzi che guida il Pd da quindici giorni: e anche in questo caso sembra molto di più, perché ha già detto e fatto un sacco di cose, ricevuto critiche e elogi da riempire una stagione politica.
Come nel gran romanzo di Thomas Mann, un giorno pare un anno e un anno un giorno. Quello della Montagna incantata è lo strano effetto ottico-temporale che attraversa questa fase politica: abbiamo tutti la sensazione simultanea che il tempo sfugga dalle dita e all’opposto che non passi mai.
Accade forse perché questa generazione (molto fine l’uso di questo concetto da parte di Letta) ha fretta, fretta di concludere, ha bisogno di certezze, di scadenze, di cronoprogrammi: di qui l’idea di Renzi e Letta di un “contratto” dettagliato entro gennaio con tanto di date da rispettare. Una visione un po’ manageriale che sarebbe benvenuta qualora trovasse attuazione vera, altro che quella padronale del ventennio, tanto lesta nell’azzeccare i garbugli quanto vacua nel realizzare le cose.
Già, i due ragazzi hanno fretta di fare i conti con l’Italia. Sanno, Renzi e Letta, che dovranno essere anche molto duttili – il tutto e subito semplicemente non esiste oggi come non esisteva nel Sessantotto – e dunque del job act si può ipotizzare la messa in campo di qualcosa e non di tutto e così dei cento interventi riformatori annunciati ieri dal presidente del consiglio.
Ma essere duttili non vuol dire rinviare. A fine gennaio ognuno farà le sue valutazioni. Il paese che davvero è stremato chiede una sola cosa, ormai: di avere qualche certezza più sul quando, che sul cosa fare. Perché agli italiani non si può più raccontare che è passato un giorno quando invece è trascorso un anno.

Nessun commento:

Posta un commento